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Brava Ursula: l'identità europea va tutelata

Brava Ursula: l'identità europea va tutelata

Vale per l'Europa come vale per il centrodestra, non c'è futuro senza la condivisione di una cultura comune. Le fusioni a freddo non reggono. Le unioni di interesse hanno vita breve. Le comunità politiche, infatti, sono come gli individui: la loro forza è proporzionale alla forza della loro identità. Bene, anzi, benissimo, ha perciò fatto la neo presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ad attribuire al commissario per l'Immigrazione l'inedita delega alla «Protezione dello stile di vita europeo». Se ben amministrata, sarà un modo per alimentare tra i cittadini degli stati membri la diffusione di quel sentimento di comune appartenenza senza il quale l'Europa politica non potrà mai nascere. Se ben amministrata, sarà un modo per rendere davvero effettiva l'integrazione, poiché, come scrive la Treccani, integrare significa «incorporare un elemento nuovo in un insieme». Obiettivo irrealistico se l'insieme non è o non si sente tale.

Dal piddino Enrico Letta alla macroniana Sibeth Ndiaye, da Amnesty International all'Arci, passando per l'ineffabile Junker, in molti si sono scandalizzati per la decisione della von der Leyen. Come se uno «stile di vita europeo» non esistesse e non meritasse di essere coltivato. Come se la radice greca, il messaggio cristiano e la rivoluzione scientifica non fossero i fondamenti culturali e spirituali dell'Europa. Quel «patrimonio spirituale» comune già messo nero su bianco nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata nel 2000. Quell'insieme di valori e di principi da cui discendono il primato dell'individuo (ma sarebbe meglio dire della persona) sullo Stato, la libertà di pensiero e quella di culto, lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la laicità delle istituzioni, la parità tra uomini e donne...

Le sinistre e le élite universaliste faticano a comprenderlo. Il loro conformismo va sfidato e battuto sul campo aperto di una battaglia culturale da combattere sotto la bandiera del realismo, essendo chiaro a tutti coloro che guardano i fatti senza filtrarli attraverso le lenti colorate dell'ideologia che così come il miglior antidoto al nazionalismo è il patriottismo, il miglior antidoto alla xenofobia è una solida e consapevole identità culturale.

Non c'è futuro senza la condivisione di una cultura comune: vale per l'Europa, ma vale anche per il centrodestra.

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