Cronaca locale

Dalla bravata di qualche turista alla provocazione artistica. Ma resta la pista dell'eco-blitz

Testimonianza di un gondoliere: "Dei norvegesi a bordo di due barche hanno gettato pastiglie in acqua". L'ipotesi di una perdita durante un intervento tecnico

Dalla bravata di qualche turista alla provocazione artistica. Ma resta la pista dell'eco-blitz

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Dalla bravata di qualche turista alla provocazione artistica. Ma resta la pista dell'eco-blitz

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Le autorità hanno scoperto cosa è stato a colorare di verde fluorescente le acque del Canal Grande intorno al Ponte di Rialto, in uno dei tratti più fotografati dai turisti che ogni giorno affollano Venezia. Ma adesso l'indagine dovrà chiarire come c'è finito un tracciante nel Canale. Si tratta di una sostanza commerciale, solitamente usata dagli idraulici, la cosiddetta «fluorescina», ovvero un liquido che viene immesso nelle tubature o negli scarichi urbani in caso di una perdita d'acqua, per comprenderne il tragitto. Fin qui la causa dell'anomala colorazione dell'acqua che ha attirato l'attenzione di tanti cittadini, alcuni dei quali verso le 9,30 di ieri hanno avvisato la polizia locale. Quello che è ancora un mistero è come ci sia finito questo tracciante nel canale di Venezia, creando curiosità e allarme, almeno finché non è stato chiarito che si trattava di una sostanza del tutto innocua.

Le ipotesi che vengono formulate sono diverse. Anche se non ci sono state rivendicazioni, le modalità dell'evento ricalcano quelle delle azioni dimostrative degli ambientalisti, a base di vernici contro i monumenti e le fontane d'Italia. In tal caso la scelta di un obiettivo simbolico come Venezia, dove qualsiasi cosa accada ha una risonanza mondiale, potrebbe far pensare ad un innalzamento del livello di provocazione da parte degli attivisti che vogliono richiamare l'attenzione sulle tematiche ecologiste. Soltanto due giorni fa alcuni attivisti di un'Ultima Generazione sono stati fermati dalla polizia mentre tentavano un blitz durante il giro d'Italia proprio in Veneto, a Maolo. Ma dal caso di Venezia hanno preso le distanze e anche se si trattasse di un altro gruppo di eco-ribelli non si spiegherebbe il loro silenzio.

Per questo si prendono in considerazione altre ipotesi, come quella di un atto di vandalismo o di maleducazione da parte di qualche turista. Il Corriere.it ieri riportava la notizia, al momento non confermata, di un gondoliere che avrebbe visto dei giovani norvegesi, a bordo di due piccole imbarcazioni, gettare in acqua alcune pastiglie. Potrebbe essersi trattato, insomma, semplicemente di una bravata. Al momento non ci sono elementi per escludere una pista in favore di un'altra. Come non è da escludere che possa essere stata la conseguenza di un guasto tecnico a rovesciare in laguna la sostanza colorante: magari nel corso di un intervento per individuare una perdita in qualche palazzo che si affaccia sul Canal Grande potrebbe essersi dispersa nelle acque un certo quantitativo di tracciante.

L'altra possibilità, ma siamo sempre al livello di ipotesi investigative, è quella di un atto dimostrativo di un artista che potrebbe aver scelto Venezia - come ha fatto nel 1968 l'argentino Nicolas Garcia Uriburu (la cui storia è raccontata accanto, ndr) - per veicolare un qualche messaggio.

Di episodi del genere sono piene le cronache e Uriburu non è stato l'unico ad usare certe performance per far parlare di sé.

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