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Brexit, Macron e la Merkel invitano Johnson con il trucco

Francia e Germania aprono al dialogo con il nuovo premier inglese. Ma poi avvisano: «Niente giochetti»

Brexit, Macron e la Merkel invitano Johnson con il trucco

Londra Tempo da perdere non ce n'è e il momento delle decisioni si avvicina. Come ha ricordato Boris Johnson nel suo discorso di insediamento, dopo settimane di campagna elettorale ora comincia il lavoro. Lo hanno ben presente a Parigi e a Berlino da cui sono giunti due inviti distinti per colloqui bilaterali con la controparte inglese.

Il primo a farsi avanti è stato Emanuel Macron durante la telefonata di congratulazioni che giovedì sera ha avuto con Johnson. Ieri è poi giunto lo stesso invito da Berlino. Il quando non è stato ancora definito Johnson sarà a Biarritz nell'ambito degli incontri del G7 tra il 24 e il 26 agosto, questa potrebbe essere l'occasione ma Londra ha già dato il suo assenso a entrambi gli incontri. L'Europa vuole capire le reali intenzioni di Johnson sulla Brexit e sui futuri rapporti con l'Unione e decide di agire a tenaglia. La carota offerta dai leader di Francia e Germania fa il paio con il bastone usato dai loro collaboratori. La ministra francese per gli Affari europei, Amelie de Montchalin, ha richiesto da parte inglese un rapporto di lavoro che sia costruttivo: «Noi vogliamo collaborare», ha detto a France2, ma è necessario che «non vi siano giochetti o provocazioni». Da Berlino il ministro agli Affari esteri con delega all'Europa, Michael Roth, ha detto a ZDF che «ulteriori provocazioni non sono d'aiuto». Stesso linguaggio, evidente il coordinamento comunicativo nell'asse franco-tedesco. Nella giornata di ieri si sono aggiunti, tra gli altri, gli avvertimenti del commissario Ue al bilancio, il tedesco Guenther Oettinger: Londra si espone a «pericoli» se non paga i circa 35miliardi di euro inseriti nella bozza di accordo già bocciata 3 volte da Westminster. E quelli irlandesi per bocca del vice primo ministro, Simon Coveney, che ha affermato che Johnson sta mettendo il Regno Unito «in rotta di collisione con l'Unione Europea e l'Irlanda».

Dopo i rampanti discorsi che Johnson ha tenuto giovedì davanti la porta di Downing Street e di fronte ai Comuni, dove è risuonato il messaggio-minaccia che il divorzio con l'Ue si completerà in ogni caso il 31 ottobre (do or die, o la va o la spacca), il caponegoziatore europeo Michel Barnier è ricomparso sulle scene e ha scritto la sera stessa una nota ai 27 stati membri. Ha invitato tutti a rimanere calmi, tenendo un fronte unico di fronte alla rinnovata pressione inglese: eliminare la clausola di backstop e ricominciare a ridiscutere dell'accordo concluso tra lui e la squadra di Theresa May è «inaccettabile e oltre il mandato» che i negoziatori hanno ricevuto dal Consiglio Europeo. Vero. E ne è consapevole lo stesso Johnson che per il tramite del suo portavoce ha affermato ieri che per ridiscutere la bozza di accordo bisogna prima passare, appunto, per il Consiglio Europeo, cioè convincere gli stati membri. Cioè Francia e Germania.

Riparte la vecchia giostra, mancano 96 giorni.

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