Brexit, oggi l'ultima chance. Ue pronta a un lungo rinvio

I 27 disponibili a concedere una proroga oltre al 30 giugno chiesto dalla premier May: da 9 a 12 mesi

Brexit, oggi l'ultima chance. Ue pronta a un lungo rinvio

Tutti lo temono ma nessuno lo vuole il no deal, tranne i falchi inglesi che minacciano una «Perfida Albione a velocità» (citazione dei rockettari londinesi Libertines) se la Brexit sarà rinviata come sembra - di diversi mesi, almeno fino al dicembre 2019. Ed è la prima certezza nel giorno del giudizio, oggi che il Consiglio europeo d'emergenza si riunisce per decidere se accettare la richiesta di rinvio al 30 giugno avanzata da Theresa May e approvata dalla Camera dei Comuni di Londra ieri grazie ai voti dell'opposizione laburista: il no deal no, meglio di no, anche se mancano due giorni alla mezzanotte del 12 aprile, il momento fissato per l'uscita e anche se un no deal «accidentale» potrebbe esserci comunque, se non si trovasse un'intesa entro venerdì. «Una no deal Brexit non sarà mai la decisione della Ue», dice Michel Barnier per placare i mercati, mentre Westminster passa la legge che impone di evitare il divorzio non consensuale e impegna il governo a discutere i tempi della proroga martedì.

Se l'uscita senza accordo non ci sarà venerdì, che deciderà oggi l'Europa, nella giornata definita proprio da Barnier «l'ultima chance per la Brexit»? I 27 Stati membri concederanno a Londra un rinvio - come si legge nella bozza delle conclusioni del vertice - «lungo quanto necessario», dicono senza specificare. È probabile si arrivi a una proroga di 9 mesi, fino a dicembre, opzione preferita da Emmanuel Macron mentre Angela Merkel è pronta a slittare di un anno fino a marzo 2020.

A nulla sarebbe valso il «giro della pietà» di Theresa May ieri, prima a Berlino (senza tappeto rosso) e poi a Parigi. La premier inglese non è riuscita a convincere che i negoziati avviati a Londra con l'opposizione laburista di Jeremy Corbyn possano portare a risultati proficui nel breve tempo, nonostante le trattative siano andate avanti ancora ieri e una possibile intesa si potrebbe trovare su un'unione doganale permanente e un referendum confermativo. Troppo vicina la data del 30 giugno e da parte degli europei c'è il timore che una proroga breve possa trasformarsi nell'ennesimo buco nell'acqua o in una lunga serie di rinvii. «La continua incertezza sarebbe negativa per le nostre imprese e i nostri cittadini» ha scritto il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk in una lettera inviata ai capi di Stato e di governo in cui chiede di fare il possibile per discutere un rinvio «alternativo, più lungo» ed evitare il no deal. Perciò i 27 intendono rilanciare con una Brexit allungata di 9-12 mesi, che contempli la partecipazione dei britannici alle Europee, senza la quale il divorzio avverrà l'1 giugno 2019. La Francia nega ma anche stavolta si è distinta per una linea più dura, tanto che l'Eliseo ha chiesto aggiornamenti a cadenza fissa, ogni tre-quattro mesi, per «verificare la buona fede» del Regno Unito.

Se flextension sarà, alla premier May che deve comunque presentarsi oggi a Bruxelles «con un piano credibile», magari sull'avanzamento delle trattative con il Labour, verrebbero poste una serie di condizioni durante il rinvio. Uno: Londra dovrebbe accettare di non avere più voce in capitolo nelle trattative sul budget e sul commercio Ue. Due: Londra dovrebbe impegnarsi «a non bloccare o disturbare» le decisioni dell'Ue. Tre: dovrà impegnarsi a non riaprire le trattative sui contenuti dell'accordo già raggiunto. E se per caso un nuovo leader si insediasse e non accettasse le condizioni, sarebbe no deal alla nuova data, «ma con molto più tempo per prepararci».

Facile capire che May non abbia altra scelta se non quella di accettare le condizioni dell'Ue pur di evitare il no deal e trattare magari sulla possibilità di un'uscita anticipata se l'intesa si trovasse prima, condizione a cui Merkel è favorevole e avanzata anche da Tusk: «Una possibilità sarebbe un'estensione flessibile - ha scritto il presidente del Consiglio Ue - che durerebbe solo quanto necessario e non oltre un anno».

Facile anche immaginare come a Londra i Brexiters siano sul piede di guerra. Il gruppo di Jacob Rees-Mogg avverte: si pentiranno di lasciare nel blocco Ue «la perfida Albione», «devasteremo il Parlamento europeo». E intanto tramano per spodestare Lady May.

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