Brexit, uscita senza intesa "mai così vicina"

Il presidente del Consiglio Ue Tusk: "Accordo impossibile finché non è fatto"

Brexit, uscita senza intesa "mai così vicina"

Un accordo dell'ultima ora con Bruxelles? Oppure nessun accordo, uno «scenario mai così probabile» secondo il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, che pure ammette: «L'intesa sembra sempre impossibile finché non è fatta».

Nell'ultima settimana fissata dalle istituzioni europee perché si arrivi a progressi «significati» (che possano eventualmente portare alla firma dell'accordo a novembre) e alla vigilia della cena di domani tra i capi di Stato e di governo a Bruxelles, con Brexit come piatto forte, la premier Theresa May mostra ottimismo ma è di fronte a un rebus che finora sembra inestricabile. A Westminster la leader di governo dice di «continuare a credere che un accordo negoziato sia possibile», che «è tempo che le teste calme e lucide prevalgano», che ci sono poche questioni, ma cruciali, da concordare e che «un accordo di massima sull'impostazione della futura relazione con l'Unione europea c'è già», i termini dell'uscita sono chiari. Cosa, insomma, ostacola la chiusura della trattativa? Il nodo è sempre lo stesso. E si chiama Irlanda. Con la premier che insiste: «Non possiamo concordare nulla che minacci l'integrità del Regno Unito».

Il punto fermo è che sia Bruxelles che Londra vogliono evitare una frontiera dura per il controllo delle merci al confine tra l'Irlanda del Nord (che è parte del Regno Unito) e la Repubblica d'Irlanda (Paese indipendente e membro della Ue). La presenza di guardie armate al confine rischierebbe di riportare sull'isola le violenze che sono state seppellite con gli Accordi del Venerdì Santo del 1998, dopo la guerra civile tra unionisti protestanti e repubblicani cattolici.

Ma come realizzare questo obiettivo? È su questo che non si trova l'intesa. Ed ecco perché. Il puzzle sembra impossibile da comporre. Bruxelles vorrebbe l'Irlanda del Nord sotto la propria giurisdizione doganale. Proposta considerata irricevibile da Londra: il Paese non si divide in due. Theresa May ha proposto con il suo piano Chequers che il Regno Unito resti nell'unione doganale per un periodo limitato e nel mercato unico nel settore dei beni e non in quello dei servizi. Proposta bocciata sia dai Conservatori più agguerriti a favore della Brexit che dall'Unione europea, che ha detto chiaramente: non si può scegliere a piacimento cosa prendere della Ue.

Bruxelles propone invece - e questa pare sia una novità delle recenti trattative - il cosiddetto backstop al backstop, cioè il Regno Unito all'interno dell'unione doganale (ma non per un tempo limitato) e che l'Irlanda del Nord si attenga alle regole del mercato unico oppure solo l'Irlanda del Nord all'interno di entrambi. Anche questa opzione non sembra realizzabile. L'Irlanda del Nord non vuole che i propri destini siano separati da quelli del resto del Paese. E gli unionisti del Dup, con i loro voti in Parlamento, tengono in piedi il governo di Theresa May. Da qui il pessimismo della loro leader Arlene Foster: una Brexit senza accordo sembra a questo punto «inevitabile».

Per di più, anche in questo caso, la premier dovrebbe vedersela con i duri della Brexit, che vogliono un'uscita netta.

Il risultato? Bocce ferme, per ora. E ogni opzione ancora possibile: Brexit sì, Brexit no, Brexit dura, Brexit morbida, elezioni generali o secondo referendum.

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