L'inferno e il paradiso sono sullo stesso pianerottolo. E sbagliare porta è questione di attimi. E a poco serve prendersela con il portiere che distribuisce le chiavi. Asia Argento si era vista assegnare quella del paradiso, venere antipatica tra le tante altre veneri della crociata globale del #metoo. Aveva messo sotto accusa l'orco del Sunset Boulevard Harvey Weinstein raccontando di essere stata costretta a rapporti sessuali non consenzienti sin dal 1997. Aveva accettato, per non dire di no a un uomo potente, che avrebbe potuto bruciare la sua carriera, lei ancora ragazzina. Nessuno le aveva negato il suo pezzo di martirio, malgrado le ambiguità del suo racconto, i suoi buchi, la memoria a orologeria che aveva preso a rintoccare vent'anni dopo i primi abusi solo perché nel frattempo qualcuna aveva scagliato la prima pietra contro il potente e viscido Weinstein, e le pietre successive, si sa, pesano meno. A lei ora tocca il medesimo destino: essere accusata di violenze in circostanze non chiarissime, da un ragazzo tormentato e con la sua stessa memoria selettiva, memoria che ha avuto bisogno di un aiutino dalla cronaca per riemergere netta e lucida e incassare un bell'assegno. Sullo stesso pianerottolo indugiava Fausto Brizzi con in mano un'altra chiave, che pareva proprio essere quella dell'inferno. A lui, aria da bravo ragazzo viziatello, un curriculum come regista di qualche discreto blockbuster all'italiana, era toccato il ruolo del diavolo nell'#ancheio, l'adattamento italico del cinescandalo sessuale. Accusato, il Brizzi, di provini provoloni da talune attricette - anch'esse evidentemente in corsa per una parte di una fiction su Santa Maria Goretti - conobbe l'onta della lapidazione mediatica, e la casa di produzione del suo cinepanettone Poveri ma ricchissimi si trasse d'impaccio sbianchettando pelosamente il suo nome dai crediti del film (ma non il film dai cinema), rovinando a noi - che garantisti lo siamo davvero - perfino lo sfizio di dire che quel film era una cagata pazzesca. Poi Brizzi è finito scagionato dalle accuse, anche grazie agli sms con i quali una delle sue presunte vittime si beava dei loro incontri. Ora Asia si indigna e nega si aver fatto sesso con il «figlioccio» Jimmy Bennett e di aver pagato per evitare il bailamme. E magari è anche vero. Ma poi conta poco.
Questa sceneggiatura da quattro soldi ci insegna che siamo tutti su quel pianerottolo, che entriamo e usciamo continuamente da quelle porte, e che perfino chi è antipatico o fa film brutti merita il piccolo miracolo di un dubbio.
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