Brucia il Ponte dell'Industria: "Rogo doloso tra le baracche". Ecco tutte le denunce ignorate

Incendio doloso. È il reato ipotizzato dalla Procura di Roma, in attesa dell'informativa dei carabinieri e della relazione dei vigili del fuoco per aprire ufficialmente il fascicolo d'indagine

Brucia il Ponte dell'Industria: "Rogo doloso tra le baracche". Ecco tutte le denunce ignorate

Incendio doloso. È il reato ipotizzato dalla Procura di Roma, in attesa dell'informativa dei carabinieri e della relazione dei vigili del fuoco per aprire ufficialmente il fascicolo d'indagine. A provocare il rogo delle sterpaglie, propagato alle tubature e alle passerelle, un colpo di vento su un fornello a gas, un mozzicone di sigaretta o la mano di qualcuno che voleva fare una strage? Fra le ipotesi al vaglio degli inquirenti anche il corto circuito dei cavi elettrici che passano lungo il ponte. Oltre agli esperti dei vigili del fuoco al lavoro anche i tecnici del Nucleo Investigativo dei carabinieri di via In Selci, che hanno fatto un sopralluogo sui resti crollati del ponte dell'Industria.

Un disastro che si poteva evitare soprattutto dopo il precedente rogo del 2013. «Peggio di Nerone», commenta il deputato forzista Sestino Giacomoni. Questa volta, però, non sono le case fatiscenti dell'antica Subura a finire in cenere. Duemila anni dopo è l'incuria a mettere in ginocchio la città. Un disastro annunciato: dall'incendio provocato da un cucinino dei clochard che vivono sotto il ponte dell'Industria, nel febbraio di otto anni fa, alle decine di denunce dei comitati di quartiere e degli amministratori locali. «Sgomberate la baraccopoli, bonificate il ponte dalle erbacce», gridavano. Tutte inascoltate. Fino a ieri quando ancora una volta qualcuno ha appiccato il fuoco, volontariamente o accidentalmente, alla giungla di rami secchi che avvolgeva il «ponte di ferro». E i romani ancora una volta dovranno arrangiarsi su percorsi alternativi. Almeno fino al restauro e alla messa in sicurezza dello storico attraversamento sul Tevere. Mesi, nella migliore delle ipotesi.

Il primo a lanciare l'allarme, all'indomani del precedente incendio, è l'ex vicepresidente dell'XI Municipio Marco Palma. «Ho scritto decine di mail in pec a vigili del fuoco, polizia municipale, assessorato - racconta Palma, attuale capogruppo di FdI -, ma a parte una risposta della Regione non abbiamo ottenuto nulla». Nel 2019 il Municipio viene sfiduciato venendo meno la maggioranza sulla preferenziale di via Portuense, fortemente voluta dal Campidoglio nonostante il parere negativo del parlamentino. È la stessa Raggi ad assumersi l'onere di commissario straordinario, incarico poi «mollato» all'ex presidente Mario Torelli, suo facente funzioni. Il degrado del ponte, fra sgomberi e nuove occupazioni, rimane. Il 3 febbraio 2013 Palma invia una prima denuncia in Campidoglio: «Si chiede se cavi e tubazioni necessitano di condizioni di sicurezza superiori rispetto alle occupazioni dei senza fissa dimora a ridosso e sottostanti il ponte». Nessuna risposta. Passano gli anni, la situazione arriva a livelli critici. Il 28 marzo 2021 la segnalazione all'assessore al verde pubblico Laura Fiorini e alla sindaca: «In via Pacinotti, all'imbocco del ponte dell'Industria, erbacce alte un metro e mezzo».

Il 30 marzo vengono inviate alla Raggi foto e nuove segnalazioni del degrado del ponte circondato dalle sterpaglie. Non accade niente. Palma, appoggiato dai comitati di quartiere, torna alla carica. Una nuova denuncia viene inoltrata alla Regione Lazio, al Prefetto, al presidente della Pisana Zingaretti, alla sindaca Raggi. Nel documento si parla del totale abbandono degli argini del Tevere «da anni occupati dai senza fissa dimora, alimentando condizioni di abusivismo e attività inquinanti a discapito dei luoghi e del fiume stesso».

La risposta della Regione è uno scaricabarile: «Le competenze dell'Autorità Idraulica non contemplano attività mirate al ripristino di situazioni di degrado urbano. La problematica si identifica nella presenza di senza fissa dimora con realizzazione di insediamenti precari».

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