C'è l'avvio della procedura di infrazione sull'aumento del debito pubblico nel 2018, la richiesta di coperture certe già da quest'anno (oppure una manovra correttiva da 9 miliardi), ma anche un passaggio contro Quota 100, un accenno all'assenza delle copertura per evitare l'aumento dell'Iva. Infine un calcolo impietoso di quanto l'Italia non abbia onorato gli impegni sulla riduzione del debito.
La bocciatura dell'Europa c'è tutta e nonostante le repliche di Matteo Salvini («I miei figli vengono prima di Bruxelles») e di Luigi Di Maio («Ci sono paesi che in questi anni, per risollevare la loro economia hanno fatto molto più deficit»), il governo teme di diventare il primo destinatario di una procedura di infrazione per disavanzo nella storia dell'Ue.
Se da un lato i politici Ue assicurano ancora di volere il dialogo con Roma (ieri lo ha ribadito il commissario Pierre Moscovici e anche fonti del ministero delle Finanze tedesco) il documento di Bruxelles è chiaro.
La procedura «per i disavanzi eccessivi basata sul debito» per la Commissione Ue è «giustificata». Parola magica che apre le porte al Consiglio europeo, istituzione alla quale spetta la parola finale. La palla passa all'Eurogruppo del 13 giugno e poi all'Ecofin del 9 luglio. Visti gli orientamenti degli stati membri dell'Eurozona (governi sovranisti compresi) l'esito sfavorevole all'Italia è scontato.
L'Italia non ha rispettato l'obbligo di convergere verso l'obiettivo di medio termine, cioè il pareggio di bilancio. Poi il debito continua a crescere, nonostante l'obbligo di ridurlo di un ventesimo all'anno previsto dal Fiscal compact. Obiettivo mancato nel 2018 e anche nel 2019.
Per fare capire quanto un debito insostenibile pesi sulle vite delle famiglie, la Commissione si concede una statistica «pop»: nel 2018 il debito italiano era «il secondo più alto dell'Unione e tra i più alti al mondo», con un onere medio di «38.400 euro per abitante, oltre a un costo medio annuo di circa 1.000 euro» solo per il pagamento degli interessi.
Il mancato rispetto degli impegni di riduzione del debito non è un problema nuovo. Nel 2019 lo scarto cumulato tra gli impegni di riduzioni e i risultati raggiunti è pari al 9% del Pil. Circa 150 miliardi.
Nella relazione la Commissione punta i fari anche sull'aumento del deficit. La correzione per il 2018 e il 2019 sfiora i 9 miliardi di euro. Rimane ferma la richiesta di correggere lo 0,6% di Pil in termini strutturali.
Il governo ha 15 giorni per replicare e lo potrà fare solo in due modi. Intanto fornendo cifre certe su come ridurre il disavanzo. Le previsioni europee dicono che il deficit nel 2019 arriverà al 2,5%. Il governo sostiene (e anche ieri ha ribadito nella replica alla Commissione) che arriverà al 2,3%, grazie alle minori spese per reddito di cittadinanza e Quota 100.
Previsioni che per la Commissione «potranno essere confermate solo nel corso dell'anno, quando saranno disponibili più dati». Per il 2020 il governo ha fissato l'obiettivo del deficit al 2,1%, anche se ha promesso di cancellare gli aumenti dell'Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. Ma mancano i dettagli «ad eccezione di un generico riferimento a una revisione della spesa», osserva Bruxelles.
Ha creato malumori a Roma il passaggio del rapporto che riguarda la riforma delle pensioni. In Italia «le prospettive per la crescita e le finanze pubbliche sono peggiorate». Le «misure di recente adozione, insieme alle tendenze demografiche avverse, invertono parzialmente gli effetti positivi delle passate riforme delle pensioni e indeboliscono la sostenibilità di bilancio». Conti a rischio anche dagli alti tassi di interesse sui titoli di stato.
Bocciatura certa. Nonostante lo sforzo del commissario europeo Pierre Moscovici di mostrarsi disponibile.
«La mia porta rimane aperta», ha spiegato parlando in italiano alla presentazione del rapporto. Ma ha anche precisato che sta all'Italia dare «nuovi dati». In altre parole, il governo dovrà fare chiarezza oppure annunciare una manovra.
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