Alla vigilia dell'ultimo Consiglio europeo dell'anno, dove i capi di Stato e di governo sono chiamati a decidere tra giovedì e venerdì come continuare a sostenere l'Ucraina nel 2026, Zelensky ha chiesto all'Ue che i beni di Mosca congelati post-invasione "servano pienamente" alla difesa gialloblù. I cosiddetti asset della Banca centrale russa sono nel "freezer" dell'istituto finanziario con sede in Belgio (Euroclear) ormai sine die, non più con rinnovo semestrale; e sono una delle due opzioni messe in campo da Bruxelles per stanziare un enorme prestito di riparazione per Kiev. Chiave di volta su cui la Commissione punta, nonostante le resistenze dovute alla cautela giuridica di alcuni Paesi e al peso su un debito già elevato che altri temono di dover sostenere, se le singole capitali fossero chiamate a garantirlo (come chiesto dal Belgio). "Ne abbiamo esplorate diverse, di opzioni, per tre anni, per trovare finanziamenti per l'Ucraina e permetterle di difendersi, il prestito di riparazione è il più praticabile, ha detto ieri Kallas dando una seconda alternativa: gli eurobond, opzione "più economica per tutti", ma servirebbe l'unanimità "e non siamo tutti d'accordo".
Dopo aver congelato a tempo indeterminato gli asset russi grazie all'art. 122 del Trattato Ue che permette di prendere misure di emergenza economica a maggioranza qualificata, "la proposta sui prestiti può essere approvata (con luce verde da almeno 15 Stati membri e dal 65% della popolazione totale, ndr), non pesa sui nostri contribuenti e lancia un messaggio chiaro: se si causano danni a un altro Paese, si deve pagare", ha aggiunto Kallas, commentando la lettera con inviti a esplorare soluzioni alternative spedita alla Commissione da 4 Paesi, tra cui l'Italia. La Russia ha già chiesto un risarcimento di 18mila miliardi di rubli (200 miliardi di euro) a Euroclear (che tiene in freezer circa 185 miliardi di asset russi, 19 sono detenuti da istituti francesi). Di qui, l'alert del Belgio, pronto a sua volta a far ricorso. Finora, insomma, il via libera è solo tecnico. Manca la decisione politica sul da farsi. "Dobbiamo risolverla adesso, in modo che tutti gli Stati Ue partecipino, il rischio sia distribuito", la linea tedesca espressa ieri dal cancelliere tedesco Merz. "Se non ci riusciremo, la capacità d'azione Ue sarà danneggiata per anni, avremo dimostrato che in un'ora decisiva della storia non sappiamo stare insieme".
Finora 25 Paesi hanno votato a favore. Semaforo rosso da Ungheria e Slovacchia, con il premier magiaro Orbán convinto che l'Europa voglia "ampliare la guerra ed estenderla sul piano economico con la confisca dei beni russi, che Mosca non mancherà di vendicare". L'Italia, come spiegato dal ministro degli Esteri Tajani, sull'utilizzo di quegli asset nutre "serie perplessità". Se dovessimo perdere una causa mossa dalla Russia, si ragiona, sarebbe un enorme danno di immagine. "C'è da riflettere in maniera approfondita", la linea di Roma: che assieme a Belgio, Bulgaria e Malta ha messo a verbale il momentaneo no in vista del Consiglio Ue.
L'orizzonte per finanziare l'Ucraina è fine marzo: servono circa 90 miliardi per i prossimi due anni. Per gli sherpa Ue, urge agire entro la settimana. Binocolo su Bruxelles anche da aziende italiane: una settantina ancora con sede legale in Russia; una trentina lì continuano a esportare.
Alcune rischiano di vedersi espropriare a titolo di risarcimento le attività che non hanno ceduto, se i tribunali daranno ragione a Mosca e non a Bruxelles. La terza via? Continuare a trovare risorse Stato per Stato, da inviare a Kiev.