Bruxelles ora vuole mettere al bando le sigarette elettroniche all'aperto

L'Unione pensa a un divieto anche nei dehors. Ma l'esperimento è già fallito in molti Paesi

Bruxelles ora vuole mettere al bando le sigarette elettroniche all'aperto
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Lo schema si ripete. Dietro i migliori propositi di facciata, l'Ue si prepara a rifilare l'ennesimo diktat. In nome della condivisibile lotta al tabagismo, gli euroburocrati hanno infatti proposto una severa stretta sulla possibilità di fumare e addirittura di svapare all'aperto.

L'indicazione emerge dalla prima stesura dell'aggiornamento delle raccomandazioni di Bruxelles sulla materia, presentato il 17 settembre scorso e adesso al vaglio dei negoziatori dei Paesi membri. L'approccio europeo è drastico e punta a intervenire a gamba tesa su due fronti. Da una parte si prevede l'estensione dei divieti, oltre che al chiuso, a diversi luoghi all'aperto.

Quindi parchi giochi, parchi divertimenti, piscine, edifici pubblici, fermate degli autobus, stazioni e persino spazi esterni o semi-aperti di ristoranti e bar, aree sulle quali gli operatori del settore hanno peraltro investito molto nella fase post-Covid.

Dall'altra, la grande novità prospettata dall'Unione Europea riguarda i prodotti. A essere colpite dai divieti, infatti, non saranno più soltanto le sigarette tradizionali ma anche i cosiddetti prodotti senza combustione, quali le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato, anche se questi non producono fumo passivo ma un aerosol. Bruxelles auspica dunque una messa al bando totale, ma in questo modo non si combatte il fumo; semmai si impongono solo proibizioni di dubbia ragionevolezza e di non sempre facile applicabilità che di fatto «criminalizzano» i consumatori, anche quando questi ultimi non sono nelle condizioni di nuocere agli altri, come appunto all'aperto. Lo testimonia anche il fallimento di analoghe politiche restrittive sperimentate in grandi città quali Milano e Torino, dove i risultati ottenuti sono pressoché inconsistenti. I rischi di una stretta da parte di Bruxelles, peraltro, stanno già scatenando preoccupazioni anche da parte degli esercenti e delle rappresentanze datoriali in tutta Europa. Hotrec, l'associazione europea di rappresentanza del settore della ristorazione e dell'ospitalità, ha ad esempio sollevato perplessità sull'effettiva efficacia di un tale approccio, lamentando possibili conseguenze economiche negative sul settore del turismo.

E in Italia anche la Federazione Pubblici Esercizi (Fipe-Confcommercio) ha ravvisato i medesimi pericoli per la categoria, mettendo il dossier sotto il proprio radar per tutelare gli interessi delle imprese italiane del comparto. Pur non essendo di per sé vincolanti da un punto di vista giuridico o normativo, le suddette raccomandazioni europee rappresentano tuttavia uno strumento di «moral suasion» nei confronti degli Stati membri, al fine di indurli a legiferare nella direzione suggerita. È lo stesso modus operandi utilizzato dagli euroburocrati per «orientare» indirettamente le politiche nazionali anche in altri ambiti.

Cambiano i temi di fondo, ma purtroppo gli esiti discutibili no: certe norme calate dall'altro rischiano infatti di provocare nei consumatori una reazione opposta a quella auspicata. In questo caso, senza avere alcun effetto decisivo sulla lotta al fumo.

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