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Bruxelles s'indigna per Calais ma ignora il dramma italiano

Preoccupazione e vicinanza per le altre nazioni quando nel nostro Paese l'emergenza è quotidiana

Bruxelles s'indigna per Calais ma ignora il dramma italiano

A Calais si sgombra l'originale davanti alle telecamere di mezzo mondo. In Italia, nel silenzio generale, si forma una nuova Giungla nel giro di 48 ore o poco più. Non è una battuta, purtroppo è la realtà che nessuno o quasi vuol vedere. Sono i numeri a parlare e a raccontare che qualcosa, e più di qualcosa, non funziona in un'Europa strabica. Che si preoccupa per l' accampamento sulla Manica e alza le spalle davanti agli sbarchi a getto continuo sulle nostre coste.

Ecco, le cifre fanno capire che l' emergenza francese è routine in Sicilia, Calabria e Sardegna. A Calais ci sono a spanne fra le 8 e le 9 mila persone. Una situazione insostenibile, tanto che si è deciso di intervenire per disinnescare la polveriera a cielo aperto, la tendopoli dove degrado, violenza e rabbia impastano le azioni dei migranti, provenienti soprattutto da Afghanistan, Siria, Sudan. Bene, basta mettere in fila gli arrivi del weekend e quelli previsti entro oggi per scoprire che l'Italia ha accolto solo in queste ore circa diecimila persone. Un'altra Giungla, anzi più grande, solo che le navi non gettano l'ancora tutte nello stesso porto e i profughi toccano terra a Palermo, Vibo Valentia, Reggio Calabria. Tanto per avere un'idea, solo la nave norvegese Siem Pilot ha attraccato a Palermo con un carico di 1099 persone. E 17 salme, perché anche la contabilità di morte corre impietosa. E spaventosa: fra le vittime c'è una bambina di 8 anni, uccisa a pugni e schiaffi dai miliziani libici durante l'imbarco.

Le imbarcazioni rastrellano la disperazione nelle acque del Mediterraneo e poi fanno rotta sui nostri porti. Seimila arrivi, a spanne, fra venerdì e domenica, altre migliaia si preparano a scendere. Fra di loro decine di minori non accompagnati, altro fenomeno fuori controllo. A Calais si mettono le mani nei capelli perché nel campo ci sarebbero circa 1300 bambini e adolescenti che hanno viaggiato in solitudine. Ma ancora una volta, i picchi italiani sono molto più alti, anche se l' opinione pubblica internazionale li ignora: secondo Save The Children i minori senza genitori accolti in Italia fra il 1 gennaio e il 20 ottobre sono 20.160. Un dramma nel dramma, solo che Sicilia e Calabria non fanno notizia. Se non quando i barconi si trasformano in gigantesche bare collettive. Allora, e solo allora l'Europa si commuove, piange e s'indigna. Poi tutto riprende come prima, con l'Italia che insegue Bruxelles e Bruxelles che fa bye bye.

È anni che si va avanti così. Sempre peggio. Morti e vivi. Adulti, sani e malati. Bambini senza nessuno. Donne incinte. Famiglie in fuga dalle bombe e uomini che semplicemente scappano dalla miseria e da un presente senza orizzonte. Scafisti travestiti da disperati: l'ultimo episodio a Catania dove sono stati fermati 6 presunti trafficanti di esseri umani. Possibili terroristi. E poi aspiranti profughi che in realtà non hanno alcun titolo per restare ma giocano con i tempi lunghi, dilatati, delle verifiche e dei ricorsi. Un caos che in un modo o nell'altro viene tollerato, senza costruire alcuna alternativa. Ogni tanto si accende un focolaio di tensione, non solo al Sud ma laddove i profughi premono per cercare un varco verso altri Paesi. Ecco la piccola Lampedusa satura, e poi le immagini incivili della Stazione Centrale di Milano, di Ventimiglia e di Como.

Polemiche e scintille. Ma solo per un amen. I riflettori sono puntati su Calais, anche se sulle nostre coste i conteggi vanno aggiornati ogni 24 ore.

Semmai per un istante a rubare l'interesse è la rivolta che si consuma nell'isola greca di Lesbo, dove 70 pakistani e bengalesi, stufi di aspettare, danno fuoco a tutto quello che trovano. Poi tutti gli sguardi si concentrano ancora su Calais. L'Italia sembra nelle retrovie anche se è qui che passa la prima linea.

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