C hi l'avrebbe mai detto. Genova la rossa, la città dei portuali, degli operai e della Resistenza, rischia di capitolare. Solo che a dare l'assalto finale, fra due settimane, non saranno le truppe grilline ma i redivivi del centrodestra. Marco Bucci, il manager con barba rassicurante e un passato americano, si è issato sulle contraddizioni altrui fino a uno strabiliante 38,80 per cento. Cinque punti e passa davanti a Gianni Crivello, assessore uscente della sgangherata giunta Doria, ora costretto a giocare il tutto per tutto per salvare una leadership che sembrava immutabile. Certo, non si vive di stereotipi e luoghi comuni, e però venticinque anni ininterrotti di giunte rosse parevano un patrimonio, e diciamolo pure, un sistema di potere consolidato. Da declinare come un mantra: Sansa-Pericu-Vincenzi-Doria. E invece la filastrocca si è inceppata fra i ritardi e il declino della Lanterna e Crivello si è arenato ad un per nulla rassicurante 33,39 per cento. Un dato che trasforma le prossime settimane in una corsa sui vetri. Ammiccamenti e scorciatoie non bastano più: non è stato sufficiente scegliere quel candidato al confine con la «ditta» bersaniana, mai iscritto al Pd e per un anno invece accasato con Sel.
Il curriculum conta poco, tirava un vento di protesta, di fine regime nella città che fu per secoli al centro del Mediterraneo e oggi invecchia e arretra, lasciando sul campo un terzo della popolazione in quarant'anni.
Le vele grilline erano aperte a intercettare le folate della protesta e invece il veliero a Cinque stelle è rimasto li, fra ripicche, guerre fratricide e scelte sbagliate. Luca Pirondini, il tenore part time che per campare vende i polli Amadori, non è andato oltre il 18,07 per cento. Un affronto per Beppe Grillo che dalle alture di Sant'Ilario meditava la conquista della capitale rossa. Il suo cavallo è rimasto imbottigliato nella volata per il ballottaggio, come capita qualche volta al Palio di Siena e ora dovrà riconquistare la diffidenza dei genovesi diventati improvvisamente tiepidi se non freddi.
In quel pacchetto ci sono le chiavi di Genova e ora il problema è capire come si orienterà il popolo grillino. Bucci ripete che è venuto il momento di restituire, give back, please, alla comunità che tanto gli ha dato e dove è nato 57 anni fa, curiosamente a Nervi, a due passi dal nido di Grillo. Intanto, fa ponti d'oro per la diaspora pentastellata: «Io ho un programma che parla di sostenibilità, ambiente, trasparenza, lotta alla corruzione. Lo rafforzerò».
Crivello è più arabescato e si immerge in un politichese bagnato nell'acqua calda dell'educazione civica: «Il problema non sono gli elettori grillini, ma l'astensione che ha superato la soglia critica del 50 per cento. Il mio messaggio va anzitutto al cinquanta per cento dei genovesi rimasti a casa». Ma se non si sono mossi, forse è perché, dopo l'exploit dell'Expo92 e l'inaugurazione dell'Acquario, la città è rimasta indietro, sempre più indietro. Sfibrata e impoverita dalla perdita di migliaia di posti di lavoro. Ora si deve voltare pagina, ma intanto ci si prepara allo spareggio del 25 giugno. Il centrodestra medita la replica del miracolo Savona, andato in scena l'anno scorso: Ilaria Caprioglio bruciò sul traguardo Cristina Battaglia, grazie anche al ceffone assestato dagli elettori grillini alla nomenklatura rossa. Ora i seguaci di Grillo potrebbero mandare al tappeto zar e zarine del capoluogo.
Il Governatore Giovanni Toti, stratega e federatore del centrodestra, attende e detta la linea: «Dobbiamo unire le forze e offrire un'alternativa chiara alla gauche. Per questo serve un sistema maggioritario».Il dibattito è aperto, ora però conta il risultato.
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