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Caso Albanese, Cerno: “Ci scriva le lettere che vuole, noi continueremo a raccontare chi è e a chi fa propaganda”

Il direttore è intervenuto al Tg4 per parlare anche della violenza dei No Tav, dei migranti, del degrado e del Presepe Pride

Caso Albanese, Cerno: “Ci scriva le lettere che vuole, noi continueremo a raccontare chi è e a chi fa propaganda”

Il direttore de il Giornale, Tommaso Cerno, ha commentato le notizie del giorno ospite del Tg4 delle 19, a partire dal pericolo di assalti dei violenti alle grandi opere in vista delle prossime Olimpiadi di Milano. Tra loro è pronto a insinuarsi anche il movimento No Tav, "diventato un aggregatore di violenti che si insinua nella battaglia del momento, che oggi è sulle grandi opere, più per Salvini e il governo che per le opere in sé", ha spiegato il direttore, sottolineando che questi soggetti "sono pronti all'uso, vengono convocati tramite i centri sociali e ricompaiono sulla scena che ha l'attenzione del Paese per creare disordine e guerriglia".

Il discorso si è poi spostato sul commento della posizione di Francesca Albanese, relatrice Onu per la Palestina, sempre più al centro delle polemiche. "C'è questo tentativo di far tacere la stampa, lei lo aveva esplicitato anche nei confronti di altri colleghi, a noi ha mandato questa invettiva pensando di intimidirci e invece si ha semplicemente dimostrato che raccontare Francesca Albanese porta a una realtà, cioè che lei con l'Onu ha poco a che fare, fra poco ancora di meno". Le sue posizioni "sono ideologiche, si sono spostate sul piano politico. E c'è una sinistra che abusa di simboli della Repubblica", ha spiegato Cerno, per "insignire questa parte politica di un compito: quello di fare propaganda al regime di Hamas. Che è esattamente il lavoro che fa Francesca Albanese". Il direttore ha poi ribadito un concetto importante rivolgendosi direttamente alla relatrice Onu per la Palestina: "Ci scriva tutte le lettere che vuole, noi per il bene dell'Italia continueremo a raccontare chi è".

Quindi, successivamente il direttore ha commentato l'approvazione da parte dell'Unione europea della lista dei Paesi sicuri Ue che cambia radicalmente il paradigma con il quale si intende la gestione dei migranti. Una decisione che ricalca quanto già fatto dall'Italia dove, però, "abbiamo assistito a un dibattito ideologico viziato dall'ossessione della sinistra per Giorgia Meloni. In realtà l'Italia propone, non a caso con un Paese guidato da un leader dell'altra parte politica, perché Edi Rama è un leader dem, una soluzione perché noi non possiamo più far entrare in Europa chi non sappiamo chi con certezza sappiamo ci possa rimanere. Perché l'Europa, con Schengen, dà la possibilità a chi entra senza titolo di sparpagliarsi dappertutto", ha spiegato il direttore Cerno. Quindi, "porre il centro al confine dell'Europa, in uno Stato che non è ancora membro, significa poter capire chi può entrare davvero e chi no, e collaborare con Paesi di potenziale prossimo ingresso nell'Unione Europea. Questa rivoluzione in Italia è stata presa con paura dalla sinistra perché impedisce l'ingresso di massa su cui puntano elettoralmente, ignari di quello che avviene o comunque consapevoli che il destino di queste persone non è quello che gli promettono, ma invece è guardato con interesse dalla Germania ma anche dalla Francia, che hanno capito che il fallimento degli ultimi 15 anni sono le politiche migratorie". Con la sua politica, "l'Italia dà un esempio all'Europa e si trova in cambio i giudici rossi, quelli schierati a sinistra, che usano le sentenze per impedire che questo centro parta".

Il problema migratorio si riflette poi sul tessuto sociale e urbano delle città, come Roma, dove i cittadini sono stati costretti a organizzare dei turni con "sentinelle" per sorvegliare i propri quartieri. "Non è giusto ma è indispensabile perché ci mostra il degrado, anche se ormai è una parola superata perché questo è occupazione materiale di uno spazio dove i residenti non sono più a casa loro", ha spigato il direttore, aggiungendo che "la sensazione di andare a Roma, rientrare verso un luogo che conoscevi e non riconoscerlo più perché ti senti in pericolo davanti a casa tua, i tuoi figli che tornano da scuola, gli anziani che rientrano dopo una passeggiata". Questo senso di pericolo, ha aggiunto, "vuol dire perdere l'abitare, il pezzo di vita quotidiana della città. Ed è più di un allarme degrado e violenza ma è un allarme di appartenenza dei cittadini italiani alla comunità e ai luoghi. Chi denuncia viene chiamato razzista".

Infine, il tema che questo giornale segue da settimane, legato al periodo natalizio in corso, che è quello del presepe. Il Giornale racconta da settimane i tentativi di censura del significato religioso del Natale e una delle denunce in merito alla volontà di alcune insegnanti in provincia di Mantova di togliere Gesù dal canto natalizio si è risolto con l'intervento del preside, che ha rassicurato tutti che i bambini canteranno la canzone così com'è nata. "È grave che debba intervenire un preside per ripristinare Gesù all'interno della cultura dell'Italia. La ragione è che invece di integrare gli altri, escludiamo noi: abbiamo trasformato la democrazia di tutti nel fatto che noi dobbiamo tacere su chi siamo per far star bene chi vuole affermare chi è", ha spiegato Cerno. Quindi, ha proseguito, "noi non togliamo Gesù perché siamo laici, non lo togliamo perché superfluo in un luogo sacro, lo togliamo perché fà fastidio a Maometto o ad Allah, perché c'è una guerra tra divinità e noi soccombiamo. E Gesù ritorna come simbolo di chi crede ma anche di chi non crede, il presepio che non vogliono fare nelle scuole perché offende i musulmani, non solo non offende nessuno ma non ha necessariamente a che fare con la fede, perché è un momento di aggregazione della famiglia nei giorni di festa". Cancellare questo "è come cancellare il campanile, che è simbolo della cristianità e dell'arte, di quello che siamo stati e del luogo dove dovevamo arrivare.

Ed è di una gravità assoluta, tanto è vero che il Giornale ha fatto una campagna che si chiama "Presepe Pride" dove i lettori stanno mandando le loro foto a migliaia perché abbiamo bisogno di un pride adesso, non più per i gay, perché quello ce l'abbiamo. Ed è così grave che diventa stucchevole, quasi, parlarne".

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