Un colpo all'Arma e uno al Pd. Da Napoli l'indagine sull'imprenditore Alfredo Romeo condotta da Henry John Woodcock, Celeste Carrano ed Enrica Parascandolo perde pezzi in direzione della capitale. Ma la trasmissione a Roma degli atti di un'importante tranche dell'inchiesta, quella sugli appalti con la Consip, viene preceduta da uno spiffero velenoso a mezzo stampa: nel registro degli indagati, oltre a Romeo e al dirigente Consip Marco Gasparri, accusati di corruzione per un presunto bando «sartoriale» (per un appalto che Romeo non ha vinto), ci sarebbe anche il numero uno dei carabinieri, Tullio Del Sette, proprio ieri a Napoli in visita ufficiale.
Il comandante generale dell'Arma, ha rivelato ieri il Fatto, sarebbe indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d'ufficio. A tirarlo in ballo è l'Ad di Consip, Luigi Marroni, riferendo ai magistrati che era stato il presidente della centrale acquisti della Pubblica amministrazione Luigi Ferrara a dirgli che Del Sette l'aveva messo in guardia sull'inchiesta partenopea. Tanto da indurre lo stesso Marroni a commissionare una bonifica dei locali Consip a caccia di microspie. Ferrara, dal canto suo, con i pm avrebbe confermato, minimizzando l'interferenza di Del Sette a un semplice invito alla cautela riferito ai rapporti con Romeo. Oltre a Del Sette, sempre secondo il Fatto, l'inchiesta lambirebbe anche un giovane imprenditore di Scandicci, Carlo Russo, che sarebbe in contatto da un lato con Tiziano Renzi, papà di Matteo, e dall'altro proprio con Romeo.
L'impressione, insomma, è che il cerchio di Woodcock e soci si stringa intorno al Pd, considerati anche gli ottimi rapporti di Renzi con il neoindagato Del Sette e alcune precedenti emergenze dello stesso fascicolo d'indagine. Poche settimane fa, infatti, erano trapelati altri particolari relativi al filone sull'appalto per la pulizia dell'ospedale Cardarelli di Napoli. Un imprenditore partenopeo, Guido Esposito, la cui società gestiva in precedenza l'appalto, prima che una sentenza del consiglio di Stato l'affidasse a Romeo, intercettato a luglio 2015 si sfoga per telefono, parlando di interventi a favore del suo avversario da parte di «un generale» e addirittura del «presidente del consiglio». Chiamato in procura il 24 luglio dello scorso anno Esposito più o meno conferma. Svicola sul «generale», ma poi spiega ai pm di aver saputo - non ricorda da chi - di un pranzo romano, organizzato poco prima delle regionali 2015 in una trattoria di piazza Sant'Ignazio, che vedeva insieme, a tavola, «Romeo, Bocchino (Italo, ex deputato amico e consulente dell'imprenditore, che ha smentito l'attovagliamento, ndr) e Luca Lotti», ex sottosegretario alla presidenza del consiglio, ora ministro dello Sport e fedelissimo renziano. Motivo per il quale l'anonimo informatore di Esposito, quanto al contenzioso con Romeo al consiglio di Stato, gli avrebbe detto di rassegnarsi al peggio.
Ma non è tutto.
Perché anche a febbraio del 2015 tra le intercettazioni dell'inchiesta finisce una strana conversazione tra il solito Romeo e Alfredo Mazzei, già tesoriere Pd in Campania, che spiega all'imprenditore di aver parlato «con Matteo e Luca», aggiungendo che che «l'indomani, a Roma, chiederà se i due sono intenzionati a prendere contatti con Romeo». Ora le carte sono a Roma. Al procuratore Pignatone la prossima mossa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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