Quando lo raggiungiamo al telefono, Gianluca Buonanno è in macchina per le strade della sua Valsesia. Arrivato da Bruxelles, passa a casa appena prima di imbarcarsi per la Libia, come ha annunciato da giorni. Mentre voi leggete, lui è già in terra d’Africa. Nonostante stia per partire per uno dei Paesi più pericolosi del mondo, dal tono di voce sembra calmo. “So quel che rischio e sono tranquillo”, ci dice.
Onorevole, come sta?
“Bene, sono in partenza: questa è l’ultima intervista prima della Libia. Prima volo in Egitto, dove incontro l’intellighenzia libica costretta ad espatriare. Imprenditori, avvocati, giudici….Poi sabato passo il confine.”
In valigia cos’ha messo?
“La bandiera dell’Europa, del Piemonte e della Lega. E poi la fascia tricolore. E naturalmente le immaginette sacre, che porto sempre con me.”
Dove andrà?
“I dettagli non li posso divulgare per ragioni di sicurezza. Viaggio tramite i collegamenti organizzati dalle ambasciate libiche di Bruxelles e del Cairo. L’obiettivo principale è Tobruk, dove parlerò con il governo riconosciuto internazionalmente e dove ci sono un oleodotto e una raffineria importante. Lì parlerò con il generale Haftar, che l’8 di marzo sarà nominato ufficialmente capo delle Forze Armate.”
Il governo italiano come ha accolto la notizia del suo viaggio?
“Non mi ha cercato nessuno. I biglietti aerei me li pago io. Il governo ha fatto quello che fa e continua a fare: oltre ad essere dei cacasotto, mettono la testa sotto la sabbia. Fanno finta di nulla: la Farnesina ha chiesto informazione ma si è limitata a dire che sconsigliava il viaggio. Fanno i Ponzio Pilato, se ne lavano le mani.”
E i libici?
“Sono molto interessati: sono l’unico politico europeo con le palle di andare. Loro ci tengono soprattutto a chiarire la questione dell’embargo.”
Cioè?
“Ai tempi della defenestrazione di Gheddafi alla Libia venne imposto l’embargo sulle armi. Che però vige solo per il governo ufficiale, mentre i terroristi fanno quello che vogliono. I libici si sentono abbandonati, dicono che l’Occidente è interessato solo al gas e al petrolio.”
Ma quindi lei, cosa va a fare in Libia?
“Io voglio nel mio piccolo, dare una dimostrazione di amicizia e conforto. Inoltre voglio portare conforto a quegli italiani che hanno attività lavorative lì. Renzi ha persino fatto rientrare l’ambasciatore: un gesto emblematico del disimpegno di tutta la politica estera italiana.”
Parliamo di immigrazione: cosa si può fare per l’emergenza sbarchi che parte proprio dalla Libia?
“Io manderei le navi della flotta per intercettare i barconi e riportarli in Africa. Comunque vado lì anche per capire, da chi sta lì, come fanno i profughi a partire pagando 5000 euro quando non hanno neanche i soldi per soffiarsi il naso. Chi c’è dietro? Chi gli dà questi soldi?”
Lei in definitiva da oggi è il massimo rappresentante della Ue in Libia
“Per la rabbia di Schultz, Mogherini e Renzi, sì. Nessuno muove il sedere per andare lì, guardano i problemi col binocolo, sono referenti europei solo di fatto. Ho provato a vedere se qualcuno voleva venire con me, ma non ho trovato nessuno e vado da solo.”
E se dovessero rapirla?
“Il mio è un gesto dannunziano, rischio del mio ma non chiedo nulla a nessuno. Se mi prendono, lasciatemi dove sono. Non pagate un euro, usate i soldi pubblici per altro.”
Sembra molto determinato. Ma alla fine, cosa l’ha spinta ad andare?
“La credibilità si conquista aiutando i vicini in difficoltà, non portando in casa i clandestini. Aiutiamoli a casa loro. lì. I libici lo vedono che ce ne freghiamo e ci sputeranno in un occhio, se ci ripresentiamo lì a cose finite. Io li aiuterei, a sputarci in un occhio. Ma ora sono pronto a partire.”
Buon viaggio, e buona fortuna
“Grazie, ne avrò bisogno!”
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