A bbraccia il leader della Lega con occhi dolci, ma non ha nessuna intenzione di farsi stritolare dagli slogan facili. La partita umbra di Matteo Salvini finisce nel momento in cui comincia quella di Donatella Tesei. Tanto per cominciare - ironizza - mi dimetterò da senatrice della Lega e dunque ci saranno le suppletive». Passo numero due: «Dovrò mettere mano alla macchina amministrativa della Regione, perché molti dirigenti sono sul punto di andare in pensione e non bisogna sbagliare le nomine».
Si volta pagina, dopo il big bang elettorale. Nel 2015 il Pd portò a casa dieci consiglieri, la Lega si fermò a due. Oggi, dopo quattro anni e le dimissioni anticipate di Catiuscia Marini, i rapporti di forza si sono rovesciati: il Pd ha cinque consiglieri, la Lega addirittura otto, i 5 Stelle, ridotti a un mortificante 7,4 per cento, hanno un solo rappresentante. Forza Italia galleggia al 5,5 per cento, la Meloni, in spolvero, è a doppia cifra. Mezza Umbria o quasi - se si sommano la Lega al 37 per cento e Fratelli d'Italia al 10,4 - è di marca sovranista. E toccherà a questo avvocato - lei non ama le declinazioni lessicali al femminile - interpretare il nuovo corso. «Mi metterò subito al lavoro - è il suo esordio - per portare l'alta velocità nella nostra terra, la terra di San Francesco e San Benedetto, al centro dell'Italia ma fuori da tutte le rotte turistiche. Abbiamo un solo Frecciarossa che parte per Milano alle cinque del mattino. Meglio di niente, perché nel passato non c'era nemmeno quello, ma insufficiente per convogliare ad Assisi e Perugia i grandi flussi che ci sfiorano, magari sfrecciano sotto il meraviglioso Duomo di Orvieto e non si fermano».
Tesei ha 61 anni, la voce leggermente roca, molta grinta e nessuna voglia di giocare a fare il fenomeno, sventolando fantomatiche bacchette magiche: «La grande questione, come in altre zone produttive del nostro Paese, è quella del lavoro e della fatica che fanno le nostre imprese. Dobbiamo dare loro infrastrutture e servizi, dobbiamo riannodare il rapporto con le banche garantendo alle imprese l'accesso al credito. Il resto sono chiacchiere». E l'ex sindaco di Montefalco non ha voglia di agitare fumosissime bacchette magiche. Nemmeno dopo aver firmato un'impresa da manuale.
Distribuirà le cinque poltrone disponibili, mediando fra i tre partner della coalizione: la Lega punterebbe sull'Agricoltura, si dice che a Fratelli d'Italia potrebbe toccare l'assessorato, strategico, alla sanità, che poi è il sistema che ha fatto crollare la giunta Marini, fra denunce, arresti e avvisi di garanzia. Ma la neo governatrice, che ama la normalità e non vuole restare imprigionata nelle logiche spartitorie, si tiene aperta una porta: «Valuterò, in base alle competenze, se nominare un assessore esterno.
Non pensi a chissà quali nomi, semplicemente condurrò le mie ricognizioni e deciderò per il bene dei cittadini».Salvini si porta avanti e le augura già dieci anni di buon lavoro, lei sorride. Ma è un sorriso colmo di responsabilità. Sfuggire al declino che avanza non sarà facile. Nemmeno adesso che il muro di Perugia è caduto.
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