Il primo agosto del 2013 la Cassazione condannava Silvio Berlusconi per frode fiscale, facendo scattare così sul Cavaliere la mannaia della legge Severino e l'onta della cacciata dal Senato per il leader di Forza Italia. A godersi lo spettacolo - come una tricoteuse qualsiasi - c'era l'allora presidente del Senato Pietro Grasso. Chi sono le tricoteuses? Sono le donne che, durante la Rivoluzione francese nella Francia del XVIII secolo lavoravano a maglia in prima fila davanti alla ghigliottina per godersi lo «spettacolo» della decapitazione. L'ex pm era in buona compagnia: il premier Enrico Letta, Laura Boldrini e i parlamentari di Sel, Massimo D'Alema e tutto lo stato maggiore del Pd ancora scosso dalla figuraccia su Romano Prodi (con i 101 traditori che non votarono il Professore al Quirinale) e già saldamente in mano a Matteo Renzi, che aveva lanciato l'Opa sul partito un mesetto prima approfittando della «non vittoria» di Pier Luigi Bersani alle elezioni. A distanza di cinque anni le tricoteuses sono state, a loro volta, ghigliottinate dagli elettori. Renzi è «solo» un senatore Pd, Letta si è autoesiliato a Parigi, Prodi è sparito, Bersani e D'Alema così come Grasso e Boldrini sono ridotti al rango di comparse di Leu, partito scavalcato nei sondaggi persino da Potere al popolo.
Il Cavaliere invece c'è ancora, è stato riabilitato (soprattutto dagli elettori) e detta l'agenda sul caso Rai. Oggi, cinque anni dopo, sulla ghigliottina c'è il centrodestra e stavolta il boia si chiama Matteo Salvini. L'auspicio è che, mai come questa volta, nessuno perda la testa.
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