Cade in aula il teorema De Gregorio

Un teste smonta la compravendita di senatori per far cadere Prodi nel 2008: "L'ex Idv ci disse: 10 milioni oppure vi rovino"

Il pm di Napoli Henry John Woodcock
Il pm di Napoli Henry John Woodcock

Napoli Finora ce l'avevano raccontata così: l'ex senatore dipietrista Sergio De Gregorio, travolto dai rimorsi, un bel giorno va a confessarsi dai pm di Napoli e ammette di aver accettato soldi sottobanco per passare dal centrosinistra al centrodestra, nel 2008. I diavoli tentatori sarebbero stati Silvio Berlusconi e l'immancabile Valter Lavitola che gli avrebbero allungato – lui giura – tre milioni di euro, di cui due in nero.

La realtà emersa nel corso dell'udienza di ieri è un po' (parecchio) diversa. A svelarla è stato il deputato forzista Ignazio Abrignani, chiamato a testimoniare nel corso del processo sulla presunta compravendita di senatori durante il secondo governo Prodi in cui sono imputati per corruzione proprio Berlusconi e l'ex direttore dell' Avanti . Il parlamentare ha riferito che, ben prima dell'autodafé davanti ai magistrati partenopei, De Gregorio aveva chiesto al Pdl 10 milioni di euro per sanare una disastrosa situazione debitoria personale. In caso contrario, aveva aggiunto De Gregorio, ci sarebbero state gravi conseguenze per Berlusconi e il partito. A confidare questa circostanza ad Abrignani sarebbe stato Denis Verdini, al quale l'ex presidente della commissione Difesa di Palazzo Madama si era rivolto ricevendone, però, un secco e deciso rifiuto. Il resto è storia. De Gregorio corre in Procura e riempie decine di pagine di verbali sostenendo di aver fatto cadere l'Esecutivo del Professore per volontà del Cav.

La ricostruzione di Abrignani smonta definitivamente l'ipotesi accusatoria dopo che già nei mesi scorsi proprio Romano Prodi aveva, sostanzialmente, smentito lo stesso De Gregorio bollando come «chiacchiericcio continuo» i rumors su possibili cambi di casacca prezzolati. Scenario confermato, sempre nella udienza di ieri, dall'ex Guadasigilli Clemente Mastella che ha escluso in maniera categorica accordi con De Gregorio perché lui passasse allo schieramento di centrodestra («ne avrei parlato semmai con Berlusconi, mica con De Gregorio...»). Mastella ha voluto precisare, numeri alla mano, come cadde il governo all'esito del voto di fiducia in Senato. «Io votai contro il governo Prodi, Votarono 161 contro e 156 a favore. La verità è che non c'erano più le condizioni politiche, vennero meno alcuni esponenti della sinistra estrema e altri senatori. Il governo - ha poi affermato – andava avanti con i senatori a vita. È caduto perché i senatori a vita non sono venuti a votare». Dunque, nessuna congiura ordita dal Cav. «Berlusconi non ha influito su di me, non c'entra nulla», ha aggiunto Mastella. Anzi, l'ex ministro ha ricordato che, dopo l'addio al centrosinistra e la caduta del Governo, ebbe contatti con Berlusconi per una candidatura nel centrodestra, ma non se ne fece nulla per l'opposizione di alcuni esponenti del Pdl. Dopo uno scambio di battute con Woodcock («Io ero contro la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati», ha precisato) Clemente da Ceppaloni ha chiarito pure i contorni di un incontro a Roma con De Gregorio che, alla presenza del presunto capo della Cia in Italia, gli avrebbe detto che gli americani sarebbero stati grati se avesse fatto cadere il governo Prodi per prenderne il posto. Mastella ha rammentato che fu l'ex dipietrista a chiedergli di incontrarlo e con lui era presente anche De Chiara, un esponente del partito repubblicano Usa che Mastella aveva conosciuto anni prima.

All'incontro nella hall di un albergo l'allora ministro della Giustizia trovò anche un personaggio che non conosceva e che gli ispirò diffidenza. «De Gregorio disse che gli americani avrebbero gradito. Risposi che pure io ero grato agli americani, in America era emigrata la famiglia di mia moglie, lei ha studiato in America», tagliò corto prima di andare via.

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