Il Cadore precipita nel fango Tra le vittime una ragazzina

Una bomba d'acqua provoca una valanga di detriti. Tre i morti, tutti turisti Una sopravvissuta: «Tenevo mio marito per un braccio, poi mi è scivolato via»

Un nubifragio violentissimo. Poi, il boato, dalle viscere della montagna. Che trema. Vibrano i vetri delle case e i tavoli apparecchiati per la cena. Ed è mezz'ora di terrore per la perla sospesa nell'incanto delle Dolomiti, che vive la sua notte più lunga. All'alba è il deserto dei tartari. Si è risvegliata così ieri, San Vito di Cadore, nel bellunese, a una decina di chilometri da Cortina d'Ampezzo, con un bilancio provvisorio di tre morti accertati e un'inchiesta della procura di Belluno per disastro e omicidio colposo. E ancora sotto choc, per la gigantesca bomba d'acqua che si è scatenata martedì sera tra Cortina e San Vito di Cadore, nella Valle del Boite, provocando rapide e smottamenti.

Fatale, la frana che si è staccata dall'immensa vetta dell'Antelao, rovesciandosi a valle in una valanga di detriti: l'esondazione del Ru Secco ha fatto tracimare un bacino di contenimento, 100 mila metri cubi di ghiaia si sono riversati nel torrente, forzando la diga e scatenando un inferno di fango che ha raggiunto la piazza del paese danneggiando alcune abitazioni, che sono state evacuate, mentre decine di famiglie sono state fatte salire ai piani.

Ma la tragedia si consuma sul piazzale della seggiovia San Marco, a un chilometro dal centro del paese, dove alcune auto in sosta finiscono tritate dal fango «come sardine». É qui, alla vista di quell'orrore, che la speranza dei soccorritori lascia ben presto il posto alla certezza. Le auto ora ridotte a un grumo di lamiera, non sono vuote. In una di loro, c'è una coppia di turisti, un uomo e una donna dalla Repubblica ceca. La loro vettura viene sbalzata via da quel fiume impazzito. Immediato l'intervento del soccorso alpino, che mette in salvo la donna, di 43 anni, rimasta incastrata nell'abitacolo e ricoverata in stato di ipotermia. Ma lui, nel veicolo non c'era già più. Il braccio del compagno le è scivolato via, trascinato per sempre da quel serpente nero. Drammatico il racconto: «Ho tenuto mio marito per un braccio, l'ho tenuto finchè ce l'ho fatta, poi è scivolato via...». Il corpo del coniuge è stato rinvenuto ieri mattina alle 7.30, sul greto del torrente, mentre il lavoro di ricerca senza sosta di squadre di vigili del fuoco, carabinieri, protezione civile e unità cinofile con il passare delle ore ha restituito altri due cadaveri. Quello di una ragazza quattordicenne non identificata, e di un uomo, riferiscono gli inquirenti, di nazionalità tedesca, forse il padre della stessa giovane. Trattandosi di turisti, l'identificazione è resa difficile dall'assenza di denunce di scomparsa, il che fa anche temere che il bilancio delle vittime non sia definitivo. «Tutti e tre i morti - spiega il vice sindaco Andrea Fiori - erano nell'area del park seggiovia, dove molti escursionisti e alpinisti dormono in auto per attaccare alle prime luci dell'alba le vie dolomitiche. Il bilancio della tragedia poteva essere anche più drammatico».

La frana ha invaso la statale Alemagna, isolando così per ore anche Cortina d'Ampezzo e ha travolto un piccolo ponte lungo la pista ciclabile di San Vito. La situazione è tornata alla normalità solo nel pomeriggio, quando in sopralluogo è arrivato anche il ministro dell'Ambiente Galletti con il capo della Protezione civile Fabricio Curcio. A contare i danni, con il governatore del Veneto, Luca Zaia, a neanche un mese dalla tromba d'aria che lo scorso 8 luglio ha distrutto la Riviera del Brenta.

Ora il presidente invoca un «piano Marshall» per il dissesto idrogeologico: «Purtroppo episodi di questi tipo – ha detto - si stanno ripetendo con insistente frequenza su tutto il territorio nazionale a causa dei cambiamenti climatici, ma anche di un colpevole disinteresse verso il territorio. La vera emergenza nazionale, da aggredire senza se e senza ma, è la messa in sicurezza del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico».

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