U n minuto di silenzio. Per il calcio, per chi lo comanda, per chi lo gestisce. Dopo il clamore, dopo il morto, dopo l'indignazione, oggi si gioca. Spudorati. Perché i denari contano più dello sdegno. Perché la tolleranza non è zero ma zero virgola e a crescere, fino a novanta che non è la paura ma sono i minuti di una partita, escluso il recupero. Il mondo del football ha già messo sotto il tappeto la polvere fetida di mercoledì sera. È bastato lavarsi la coscienza con le promesse, con il repertorio di parole piene di nulla, argomento sul quale, sono espertissimi i presidenti, di club, di federazione e di lega. Il monito del questore di Milano, del capo della polizia, del procuratore della repubblica, dell'Arma dei carabinieri, è rimasto sui manifesti per lo spazio di un mattino, immediatamente coperto dalla sentenza collosa del giudice sportivo, il magistrato Gerardo Mastrandea, che ha emesso il famoso verdetto esemplare, applicando il regolamento, stop, fregandosene di punire, castigare i conniventi, come da richiesta dello Stato.
Perché il calcio, quello italiano, è, sì, uno Stato a parte, ha le proprie regole, la propria moralità, i propri privilegi e immunità, promette e non mantiene. Il calcio italiano non ha perso soltanto sul campo, per colpa dei risultati della nazionale e dei club, ha perso la faccia e la credibilità a livello internazionale, ha una governance senza il peso politico e storico, quello vero, ormai smarrito tra beghe condominiali e figure di margine e figuracce di regime. La vicenda di Milano è esplosa per la morte di un ultras, oltre al comportamento incivile di una parte della tifoseria interista. Ma i misfatti fuori dal Meazza sono all'ordine del giorno e della notte in qualunque altro stadio, tra accoltellamenti, agguati, aggressioni, minacce.
C'è l'assuefazione alla guerriglia. La chiusura della curva è un tranquillante in pieno esaurimento nervoso. Il divieto alle trasferte dei tifosi nerazzurri è ambiguo, perché va letto con precisione: significa che non sarà possibile occupare il settore abitualmente riservato agli ospiti (che resterà chiuso) ma chiunque potrà acquistare un biglietto di altro settore e seguire la propria squadra. Qualcuno ha scritto che la chiusura del Meazza, per le partite contro il Benevento e il Sassuolo, è una «stangata». Nella stagione 2004-2005, per gli incidenti nel derby di coppa con il Milan, l'Inter fu punita dall'Uefa (non certamente dal giudice italiano) con quattro partite a porte chiuse, più due sub judice e 200mila euro di multa (la squadra di Mancini ne pareggiò una e ne vinse tre). Ancelotti, allenatore del Milan, parlò di un calcio da cambiare e di una cultura sportiva smarrita. Tredici anni dopo, al posto dei fumogeni e del lancio di petardi, abbiamo offerto ululati miserabili e vigliacchi ma Ancelotti, ora al Napoli, ha dovuto ripetere le stesse parole. Il giudice Mastrandea ha agito in modo diverso dall'Uefa, infischiandosi del questore, del capo della polizia, dell'Arma benemerita; meglio proteggere i diritti televisivi, Sky e Dazn tengono in piedi il football che altrimenti sarebbe in bancarotta clamorosa.
L'annuncio di Salvini, che vorrebbe cancellare le notturne, riempie la pancia ma non il cervello e finirà nel cestino dei rifiuti, le televisioni impongono la loro legge, il calendario non si tocca, si gioca all'ora in cui Sky e Dazn vogliono e si può guardare tutto il calcio fino all'ultima partita a differenza dell'Inghilterra, dove per una idea di Robert William «Bob» Lord, business man e presidente del Burnley negli anni Sessanta, vige il «3pm black out», per cui le partite tra le 14.45 e le 17.
15 non possono essere trasmesse dale pay tv nel Regno Unito e, comunque, i telespettatori possono usufruire soltanto del 45% degli incontri, la Premier incassa 7 miliardi di euro, sette volte la cifra nostrana dove tutte e 380 partite sono nel pacchetto degli abbonati. E gli stadi sono tutti pieni di gente che ama il football. Prevedo un sabato di bontà d'animo, come suggerisce il catechismo calcistico. Ma al primo rigore non fischiato, sdegno in corner e liberi tutti.
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