Al Baghdadi gioca la carta delle armi chimiche artigianali, non per questo meno letali di quelle che sono state bandite dalle risoluzioni Onu. I miliziani del Califfato hanno infatti dato fuoco a scorte di zolfo estratto dal giacimento di Al Mishraq (55 chilometri a sud di Mosul), creando una nube tossica che sta mettendo in pericolo civili e militari. Secondo testimoni oculari nell'area attorno a Mosul, sulla quale si è alzata la nube di diossido di zolfo, ci sarebbero migliaia di persone in preda a crisi respiratorie, almeno mille sono state trasportate in ospedale, dodici purtroppo sono morte. «Siamo di fronte a una potenziale catastrofe umanitaria» ha rivelato il responsabile della Protezione Civile Awad Al Khafaye. Il vigliacco stratagemma adottato dai miliziani del Califfato sta complicando, e non poco, l'offensiva iniziata una settimana fa per liberare Mosul. La nube di zolfo ha raggiunto ad esempio la località di Al Qayyarah, dove si trova la base aerea che costituisce una delle principali teste di ponte dell'operazione di riconquista. Ieri nessun aereo o elicottero è decollato per i bombardamenti di copertura. «L'aria avvelenata sta interferendo pesantemente con l'intera pianificazione dell'attacco - ha ribadito il generale delle unità speciali irachene Qusay Hamid Kadhem - il rallentamento delle operazioni è preoccupante». Le forze regolari irachene (sostenute dagli Usa) e i peshmerga curdi sono incappati in una resistenza a oltranza affidata allo zolfo, alle esecuzioni sommarie di civili e a mosse militari che hanno spiazzato le truppe di Baghdad. Non è quindi casuale che ieri nella capitale irachena sia arrivato il numero uno del Pentagono Ashton Carter per fare il punto della situazione. Carter ha incontrato il premier Al Abadi e si è intrattenuto con i suoi consulenti assieme al capo di stato maggiore dell'esercito iracheno Fadhil Jamil Al Barwari, per studiare nuove strategie e sbloccare la situazione di stallo sui campi di battaglia. Nel corso del summit l'Iraq ha ribadito di non gradire interferenze militari da parte di Arabia Saudita e Turchia, che invece gli americani considerano preziosi nella riuscita delle operazioni. «Quella per Mosul è una battaglia irachena, condotta ed eseguita da iracheni, che presto libereranno la città senza permettere a nessuno di interferire con i loro piani» ha ricordato il primo ministro. Il quadro bellico è stato stravolto da Al Baghdadi con il contrattacco di venerdì su Kirkuk, (un centinaio di chilometri a sud di Mosul), roccaforte all'apparenza inespugnabile. In poco meno di tre giorni si registrano 87 morti (e 170 feriti) tra i civili che sono scesi in strada per frenare le violenze. A pagare le conseguenze delle troppe incertezze è anche la popolazione di Mosul, obiettivo finale dell'avanzata.
Gli uomini di Al Baghdadi hanno ritorto sugli abitanti inermi la loro furia: 350 tra uomini adulti e ragazzi sono stati sequestrati e giustiziati, e i loro corpi gettati nelle fosse comuni, ricoperte di terra con i bulldozer. Altri rastrellamenti nei quartieri di Sayyid Lar e Al Wahda hanno portato alla cattura di 600 persone che gli estremisti intendono utilizzare come scudi umani.
A perdere la vita ci sono anche giornalisti: dopo la morte venerdì a Kirkuk di Ahmet Haceroglu, inviato di un'emittente turcomanna, ieri sorte analoga è toccata ad Ali Raysan, un giovane cameraman che stava riprendendo gli scontri nel villaggio di Al Shoura, nella periferia sud di Mosul, anche lui raggiunto dai proiettili di un cecchino.
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