Milano - La malattia, la vita sentimentale «irrequieta», la scelta - tutto sommato rivoluzionaria a quasi sessant'anni - di vendere la macchina («massì, non mi serve davvero e qualche volta posso andare in treno»). Il sindaco di Milano Beppe Sala in una recente intervista a Vanity Fair accantona per un attimo la politica e le liti con Matteo Renzi e si racconta. Confessando anche, per la prima volta, che non avere figli non è stata tanto una scelta quanto «un errore».
Ha ricordato spesso, anche durante la campagna elettorale del 2016, di aver dovuto lottare a 39 anni con il cancro. Un linfoma non Hodgkin, lo stesso tumore che in sei mesi si era portato via il padre. Sala si è affidato per due anni alle cure di Umberto Veronesi («sono passato dal sentirmi onnipotente a niente - ricorda a distanza di vent'anni -, dopo il trapianto di staminali pesavo 10 chili di meno e non avevo più un pelo su tutto il corpo. Quando sono tornato al lavoro, tre settimane dopo l'intervento, e mi sono guardato allo specchio dell'ascensore ho visto un cadavere. Ma non ero morto, la mia seconda vita è stata la migliore»).
L'errore, ammette con il senno di poi, è stato «non congelare il seme prima di fare la chemioterapia. Mi avevano informato che sarei diventato azoospermico, ma allora pensavo solo a portare a casa la pelle, e non mi sono preoccupato dei figli». In seguito si è «molto pentito di questa leggerezza», poi ha «accettato la realtà dei fatti. La mia compagna ha tre figli e, senza nulla togliere al loro bravissimo papà, mi piace passare il tempo con loro anche se non viviamo insieme. E poi per tantissimi figli di amici sono zio Beppe».
La compagna del sindaco di Milano è Chiara Bazoli, classe 1970, figlia del noto banchiere e presidente emerito di Intesa Sanpaolo Giovanni. Prima di lei Sala si è sposato tre volte e da quando è diventato un personaggio pubblico gli sono stati attribuiti parecchi flirt. «È inutile negarlo - confessa a Vanity - sono un uomo irrequieto di natura e di segno zodiacale Gemelli, il che complica le cose, sembro freddo e razionale invece ho un lato inaspettato». Ma si affretta a rassicurare l'attuale compagna: «Mi sono tranquillizzato, la donna con cui sto è un punto d'arrivo». E d'altra parte la chiusura della storia con l'avvocato Dorothy De Rubeis, subito dopo l'elezione a sindaco non dev'essere stata indolore. Citando la «Casa degli Atellani» di fronte al Cenacolo come «la più bella di Milano, dove vive il mio amico Piero Maranghi» ammette di averci passato «più di una notte sui divani, dopo l'ultima separazione».
A quanto pare l'ex commissario si è abituato invece a convivere con l'inchiesta per abuso d'ufficio per un appalto Expo. «Dormo bene perché so chi sono e cosa ho fatto». D'altra parte, avere «tantissime insicurezze» faceva parte della prima vita, ante malattia, nella second life si fa guidare da una frase: «Vediamo cosa arriva». Nella primissima vita, prima di laurearsi alla Bocconi, diventare manager della Pirelli (uomo di fiducia di Marco Tronchetti Provera), trasferirsi per lavoro negli Usa, diventare direttore generale del Comune con Letizia Moratti sindaco e poi lanciarsi in politica, passando per il «Decumano» simbolo dell'esposizione universale, Sala era un ragazzo di provincia, brianzolo di Varedo, il padre aveva un negozio di mobili.
«Capiva che ero diverso da lui e che non avrei portato avanti l'azienda, avevo ambizioni diverse». Quando è morto, dice Sala, «l'ho regalata a un concorrente, con il patto che assumesse tutti e quaranta i nostri dipendenti. Molti di loro mi avevano visto crescere, non potevo fare finta di niente».
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