Politica

Candidati in divisa: quelle liste zeppe di «turisti»

Sulla scheda boom di agenti sconosciuti in paese. Il sindaco: «Trucco per la diaria»

Nadia Muratore

Carapelle Calvisio (Aquila) Sette candidati sindaci per altrettante liste, tra le quali quattro con un'alta concentrazione di esponenti delle forze dell'ordine, il tutto per 55 candidati consiglieri in un Comune di appena 82 abitanti, di cui solo 67 aventi diritto al voto. Sono i numeri da capogiro elettorale, di Carapelle Calvisio, il paese più piccolo dell'Abruzzo, che per le elezioni del 5 giugno, presenta una strana concentrazione di divise, tra carabinieri, poliziotti e guardie penitenziarie. Una anomalia che il primo cittadino uscente e ricandidato Domenico Di Cesare, spiega così: «Gli appartenenti alle forze dell'ordine, hanno diritto a 30 giorni di aspettativa retribuita, perché la legge vieta di prestare servizio durante la campagna elettorale. Nulla da ridire, se le candidature fossero state presentate nei Comuni di nascita o di residenza - precisa Di Cesare - Molti di loro, però, qui non ci sono mai stati e forse ignoravano addirittura l'esistenza di Carapelle».

Scorrendo nomi e dati anagrafici dei candidati di quattro delle sette liste, in effetti il dubbio sorge spontaneo. C'è chi arriva da Barletta, Catania, Napoli, Sulmona, Giulianova, Teramo ma anche da Susa, nel profondo Nord del Piemonte. Oltre ai trenta giorni di sospensiva dal servizio regolarmente pagati, i candidati in divisa, sperano anche nella possibilità - data dalla legge - di avvicinarsi al paese natio, facendosi eleggere in un Comune nelle vicinanze. «È una vergogna tuona il sindaco tra i candidati c'è chi è di Barletta e lavora a Milano ed evidentemente se venisse eletto, anche nelle file della minoranza, per legge otterrebbe il trasferimento in queste zone. E intanto si fanno un mese di ferie, visto che non possono fare campagna elettorale mentre sono in servizio. Scriverò al prefetto e al ministro dell'Interno Angelino Alfano, perché si ponga fine a questa storia».

Il «caso Carapelle», in realtà viene replicato in tutta Italia, come spiega il segretario del Siulp Piemonte, Antonio Ciaramella: «Candidarsi è una possibilità ricercata sempre di più dagli esponenti delle forze dell'ordine che non riescono ad ottenere il trasferimento vicino a casa. Un giochetto utilizzato anche per rimanere in un determinato territorio, perché chi viene eletto, per tutto il mandato non può essere trasferito.

Ci sono famiglie intere che puntano su una poltrona in Comune per prestare servizio vicino a casa e non essere trasferiti e chilometri di distanza».

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