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Il terrore dei 5S: "Così perdiamo altri pezzi"

Nel Movimento non si escludono altre fuoriuscite dopo il voto sulla riforma: "È invotabile". Così gli ex grillini sperano di poter costituire un gruppo

Il terrore dei 5S: "Così perdiamo altri pezzi"

La tregua è finita, ammessa che sia mai iniziata. Sulla riforma della Giustizia, il Movimento 5 Stelle si spacca di nuovo, mettendo nel congelatore il patto della spigola siglato da Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Così si profila una possibile nuova diaspora dopo il voto. “Non mi sento di escludere che qualcuno possa decidere di andarsene. Mettiamo in conto di perdere altri pezzi”, ammette un deputato che pure si dice favorevole a votare un compromesso “accettabile” sul provvedimento, incarnando l’anima più dialogante. Quella più vicina al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, grande sponsor del dialogo.

La minaccia di Dadone

Ma l’azione da pompiere dell’ex capo politico non è sufficiente. La ministra delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone, ha già adombrato l’ipotesi delle dimissioni se non saranno discusse le modifiche indicate dal M5S. Una valutazione da fare con Conte, ormai leader dei pentastellati, ha fatto sapere Dadone. Sarebbe l’anticamera dell’uscita dalla maggioranza. Una mossa che ingolosisce i fedelissimi di Conte: la strategia sarebbe quella di mettersi all’opposizione, sfruttando il semestre bianco, e tornare al voto nella primavera 2022. Ma l’avvocato di Volturara Appula, che pure vorrebbe andare a elezioni il prossimo anno, preferisce prendere tempo, in pieno stile contiano. “È difficile che decida di rompere appena si insedia alla guida del Movimento”, osserva un parlamentare alla seconda legislatura, secondo cui alla fine “arriveremo a qualche capriola lessicale per spiegare che in fondo la riforma è stata migliorata grazie al nostro intervento”. Insomma, qualcuno si prepara a ingoiare il rospo.

In ogni caso l’aria non è delle migliori. La ferita più dolorosa è la fiducia che il governo ha deciso di porre sul provvedimento, licenziato dopo una lunga mediazione gestita dalla Guardasigilli, Marta Cartabia. “Inizialmente la tensione è stata tenuta a bada solo perché sotto osservazione c’era il green pass. Ma nelle prossime ore la situazione è destinata a peggiorare”, riferisce una fonte interna. In quale direzione? “Bisogna cacciare fuori il carattere, siamo la prima forza in Parlamento e le nostre posizioni vanno tenute in considerazione”, afferma un senatore di peso. La sintesi raccolta da IlGiornale.it è chiara: “Questo testo è invotabile”. Così si torna al punto di partenza: prende quota l’idea di uscire dalla maggioranza.

La tentazione di lasciare il Movimento

Tuttavia, tra i deputati c’è chi sottolinea come i giochi non siano fatti. “La richiesta di fiducia, annunciata a mezzo stampa, non significa che i lavori in Commissione siano bloccati. Faremo valere le nostre proposte in quella sede. Cercheremo fino all’ultimo quelle che per noi sono questioni fondamentali”, è il ragionamento raccolto. Tutto vero. Solo che per raggiungere gli obiettivi è necessario avere una sponda, almeno dal Partito democratico. Ed Enrico Letta non sembra avere l'intenzione di spaccare i dem per aiutare Conte. Così, Alfonso Bonafede e soci rischiano di fare solo una battaglia identitaria. Per questo motivo è prevedibile che un’altra pattuglia di parlamentare decida di abbandonare il Movimento e cercare un nuovo approdo. L’Alternativa c’è, la componente dei fuoriusciti della prima ora, lancia uno sguardo interessato.

“Abbiamo sempre detto che noi non accettiamo chiunque, ma eventualmente solo chi ha interesse a portare avanti un progetto politico serio all'opposizione di questo governo”, spiega a IlGiornale.it Andrea Colletti, uno dei fondatori del drappello di ex grillini. Ma da quanto risulta, qualche eletto alla Camera del M5S sta valutando il da farsi, visto che la componente, già formata da 15 deputati, potrebbe arrivare a quota 20 e costituirsi come gruppo. Di sicuro “per noi la riforma è un disastro”, fa sapere Colletti.

Un messaggio nella bottiglia ai malpancisti.

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