Parma - Azzerata l'opposizione interna, un consiglio federale blindato di fedelissimi, il congresso che lo acclama di nuovo segretario, le voci critiche che rientrano nei ranghi. «Quella che tu dirai è la linea, chi non la segue foera di ball» minaccia Roberto Maroni che aveva sponsorizzato la candidatura dello sfidante Gianni Fava che si impegna «non nascerà nessuna corrente», mentre Calderoli («la linea è quella di Salvini») tira una riga sulle polemiche sul partito sovranista-nazionalista che avrebbe dimenticato la battaglia per l'indipendenza del Nord.
D'ora in poi o col segretario oppure «la porta è aperta il mondo è grande, paziente sì ma fesso no» avverte Matteo Salvini. «Metabolizzo il vaffanculo da Bossi, ma da chi cerca di imitarlo non lo accetto, la porta è quella lì». Con in mano il pieno timone del Carroccio prossimo congresso tra tre anni -, Salvini traccia la rotta. «Liberi e forti» lo slogan scelto per il congresso, con un video-saluto di Marine Le Pen, alla faccia di quelli che gli rimproveravano l'alleanza col Fn. «Non mi fido dei sondaggi, ma quando fui eletto eravamo al 3.2%. La stessa Swg oggi ci dà al 13,6%. Quel tredici per cento può raddoppiare». È il modello Veneto che Salvini vuole replicare a livello nazionale: Lega primo partito del centrodestra sostenuto dagli altri partiti minori ma rigorosamente senza «gli amici di Renzi», i centristi di Alfano. E con il premier leghista, appunto Salvini. Una strada ambiziosa che però deve fare i conti, ora, con gli alleati e con lo schema di gioco, la legge elettorale.
Il canale diplomatico aperto tra Berlusconi e Pd alimenta i sospetti di Salvini. «Vedo che Berlusconi spera di tornare a ragionare col Pd. Mah! Chi vota Lega sappia che a noi non interessa ragionare col Pd, né adesso né mai. Lavoreremo per una coalizione ampia, però patti chiari amicizia lunga. Se qualcuno vuole fare una coalizione e vuole veramente vincere, vuole un sistema elettorale maggioritario. Chi invece sostiene il proporzionale dice dammi il voto e poi magari domattina mi alleo con Renzi, mi alleo con gli animalisti, coi vegani, coi venusiani. Chi vuole il proporzionale, l'Italicum, il Consultellum, il Tedeschellum, evidentemente ha altri obiettivi. Di sicuro non vuole una coalizione». Perciò il pronostico del segretario leghista su un centrodestra unito rimane aperto: «Dico 1, X, 2». E ancora: «Non vedo Berlusconi da 3-4 mesi, magari l'accordo lo troveremo: io almeno lavoro per questo». L'ironia sul movimento animalista presentato Cavaliere fa capire lo stato dei rapporti con Forza Italia: «Mio figlio è andato in un canile e ha adottato un bastardino. Ma io non ho fondato un partito per questo. Ci sono delle priorità. Siccome ci sono sei milioni di animali che camminano su due piedi che non arrivano a fine mese, mi permetto di ribadire che prima vengono gli esseri umani. E poi, se dovremo trattare con un partito animalista che prende il 20 per cento, chiederemo come la pensa su euro e banche e ci faremo carico anche di questa necessità».
L'uscita dall'euro come strada maestra per la sovranità (riedizione del motto «padroni a casa nostra»), presentata come «la verità» dall'economista leghista Claudio Borghi, teorico dell'hard Italexit, è un tema che nella Lega viene affrontato con gradi diversi di prudenza. Basti vedere la mozione approvata dal congresso, firmata da Giancarlo Giorgetti, in cui l'uscita dalla Ue viene descritta soltanto come «misura estrema». Quindi l'uscita è tutt'altro che una prospettiva semplice, per la stessa Lega nord.
Umberto Bossi è sempre inquieto, prima di entrare attacca ancora Salvini «che sta svendendo il Nord per racimolare un pugno di voti nel meridione». I leghisti lo fischiano quando viene annunciato, poi lo contestano mentre parla. Il fondatore si dice preoccupato per la modesta partecipazione (57%) alle primarie, «bisogna capire perché, se non c'è più la felicità di partecipare vuol dire che una malattia sta entrando nella Lega.
Non tiro conclusioni, ma uno dei problemi principali è che ci preoccupiamo troppo del Sud. Non si può dimenticare la Padania». Quanto alla sua uscita dalla Lega, ipotesi poco credibile, è lo stesso Bossi a fare dietrofront: «È una invenzione dei giornalisti. Per me è solo un problema di programmi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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