Cara Annamaria,
leggo dal primo numero Il Giornale e devo dire che l'iniziativa di raccogliere storie e considerazioni sul rapporto uomo-donna mi trova d'accordo, anche se vorrei fare alcuni rilievi.
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Ora io vorrei parlare di rapporti improntati alla solidarietà, all'amore, se questa parola non fa paura, alla complicità, a rapporti matrimoniali che durano per decenni, per tutta la vita che ci è dato convivere. Io sono stato uno di questi fortunati protagonisti. Ho conosciuto la mia futura moglie alla fine del 1957, lei aveva diciassette anni, io venti. Ci siamo sposati nel 1960 e da allora non ci siamo più lasciati. Due figli, quattro splendidi nipoti, tanto di tutto. Crisi? Può essere successo che qualche incomprensione ci abbia visti contrapposti, anche duramente, ma mai ci siamo addormentati senza prima stringerci la mano e salutarci anche con un semplice: «Ciao». Così per 52 anni. Poi, improvvisa e inaspettata, nella nostra vita tanto serena e appagante è arrivata sorella morte: qualche malessere di non facile individuazione, esami clinici urgenti e la sentenza fatale: cancro! La mia bellissima moglie, così dolce e generosa , si è spenta in pochi mesi. Cosa mi resta? I figli e i nipoti nati dal nostro amore, il loro affetto e il ricordo incancellabile di una persona che non ha fatto parte della mia vita, lei era la mia vita. Come la mia ci sono milioni di storie che raccontano esperienze che non si limitano allo «scopare» (quanta volgarità in questa terminologia), ma raccontano la trama di giorni, di anni, di decenni di solidarietà vera, sentita, di amicizia, di amore se, mi ripeto, questa parola non fa paura. Continuate a pubblicare le lettere sull'argomento, ma cercate di rappresentare anche l'altra realtà, quella che tiene insieme la nostra società e che ha un nome ben preciso: famiglia. Sì, quella tradizionale, ricca di valori che qualche sconsiderato vorrebbe distruggere, ignorando che, distruggendo questa antichissima istituzione, si distrugge l'intera società. Cordialmente,
La natura ho fornito agli esseri viventi due grossi piaceri che si tramutano in due forze molto importanti: primo il mangiare e secondo il sesso. Tutto il resto è solo contorno.
Di conseguenza se non si mangia si muore e se non si fa l'amore il mondo si ferma!! chiaro! L'uomo per fortuna non ragiona come voi donne e sa dividere l'amore-affetto dal fattore sesso. Ne deve essere soddisfatto se no lo cerca altrove senza trasporto come se bevesse un caffè ma non ce la fa senza e le case chiuse avevano una funzione sociale di salva famiglia. La donna invece è possessiva, lei deve «cullare il pupo» sia figlio, marito, amante ecc. la donna non capisce le esigenze dell'uomo e mentre l'uomo agisce meccanicamente lei no ci deve mettere il cuore e considerare la cosa sua esclusiva. Se appena si vede trascurata per sazietà si rivolge altrove e anche li tutto è sua proprietà ma all'uomo non lo permette. Ha il suo cervello ed a milano quando una cosa non funziona si dice: è il cervello di donna.
Spero che suo genero abbia il tempo di rispondere perché lei ben sa da avvocato che la colpa non e' mai da una parte sola.
Con stima e rispetto la saluto cordialmente .
Arturo Lucarelli
Cara Suocera
ti scrivo. Sei proprio così sicura di non essere anche tu responsabile della fuga del De genero?? Sei sicura che quelle che tu chiami «polemiche furiose» che avevano dato «una impronta irripetibile e gustosa alla vostra vita insieme» non siano divenute insostenibili dopo una lunga giornata lavorativa e responsabile del De genero?? Sintetizziamo: non erano forse diventate una sorta di permanente rottura di Co......? Una mazzata continua sulla vita a due(intima)e a tre nel vivere quotidiano. Non hai mai messo il «becco»su come dovevate «forgiare,istruire,acculturare» il pollo per poi spennarlo?? Forse il pollo è diventato gallo,magari anche con dei rimorsi, verso la figlia.
Se questa in un domani,anche non lontano,appronciandosi alla vita,vedesse con i suoi occhi la «storia» del padre. Forse non certamente con l'occhio della moglie tradita e della suocera ,che sicuramente non saranno state così imparziali e neutrali. Cara «De suocera»spero che avrai valutato bene la storia passata, le tue eventuali ingerenze prima di crocifiggere il tuo De genero; finalmente felice e spensierato , penso, visto l'acredine che traspare sottile, pardon, trabocca dalle sue parole
Un altro De genero
Cara signora Bernardini de Pace, nel leggere ogni giorno la sua corrispondenza ritrovo le mie paure, le umiliazioni subite, le mie «fantasie» finalmente svelate. Mi riconosco nelle sue parole che tracciano percorsi conosciuti e sofferti; riscontro ogni volta emozioni e dolori soffocati per tanto tempo.
Continui così, signora, e non tema le risposte raffinate, egoisticamente contorte, meschinamente fragili dei nostri amanti, mariti, figli e generi. Aspetto impaziente di leggere il suo articolo di domani. La saluto codialmente.Silvia
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