Dopo aver letto la bellissima lettera inviata dalla ...suocera Annamaria Bernardini de Pace - brillantissimo avvocato matrimonialista - ad un IPOTETICO genero, ho trovato alquanto bizzarro e fuori luogo, il commento di alcuni che hanno individuato tale intervento rivolto alla situazione famigliare che la riguardava. Evidentemente la loro esposizione è stata superficiale, perché se avessero letto compiutamente la lettera, avrebbero scorso passaggi che non avevano nulla in comune con la famiglia del notissimo avvocato. Mi riesce difficile comprendere come qualcuno non si sia reso conto che tale scritto non faceva che riprodurre una triste realtà comune a tantissime famiglie non solo italiane. Mi ripeto: è una bellissima lettera che esprime concetti profondi, condivisibili, purtroppo attuali, caratterizzanti i nostri «tempi moderni» e che si avvale, oltretutto, di una grande proprietà letteraria.
Basta! Basta! penso che come tanti tuoi lettori prima mi hai ferito poi eviscerato e adesso vuoi uccidermi. Se il tuo scopo era questo fermati. Pensa che ti accusano d'empietà prima che l'articolo esca, oppure preferiscono leggere le cronache dei delitti quotidiani o di sbarchi di clandestini piuttosto di riconoscersi tra i profili assassini che tu gli metti sotto il naso, augurandosi o nascondendo il quotidiano, che l'altra metà non lo venga a leggere. Non si sa mai! Se volevi, come credo, suscitare na rogna ci vorrà del sapone e spazzola di ferro per rendere ancora credibili stì uomini merluzzo. Mi resta una domandina: e se non ci fossimo noi con chi te le prenderesti: con te stessa? Ti do del tu perché più confidenza di così si muore.
Luciano
Grande merito a Feltri che quest'anno per il mese di agosto ha messo in cantiere un problema di vita che riguarda tutti. Si dice che i libri più graditi siano quelli che trattano argomenti che conosciamo, poiché leggendoli siamo indotti alla riflessione. Non che la riflessione cambi il corso delle cose ma che almeno ci aiuti nella consapevolezza di ciò che si fa. Pertanto sottoscrivo la sua «difesa» nei confronti di Annamaria Bernardini de Pace. Il noto avvocato parla come professionista informata dei fatti e nel contempo esprime il suo dolore personale toccatole come al resto del mondo. Se nessuno può bloccare le pulsioni «dalla cintola in giù» allora nessuno si indigni, sentendosi coinvolto, se altri scrivono le conseguenze dolorose di tale comportamento. Se alcuni personaggi noti al pubblico si fanno fotografare su imbarcazioni lussuose o esclusive location in atteggiamenti intimi con l'amante di turno sappiano che anche i propri figli guardano quelle foto. E giudicano.
I figli, nel ritenere la famiglia il loro mondo sicuro che nessuno potrà scardinare, percepiscono di aver subito un torto immeritato e crescono nutrendo odio per il mondo intero.
Le separazioni con figli portano dolore, depressione e a volte anche malattie incurabili. È la grande commedia della vita che qualche volta volge in tragedia perfino.
Donatella Passeri, Roma
Gentile dottoressa Anna Maria Bernardini De Pace,
la solitudine più devastante non si avverte quando siamo soli, ma quando ci troviamo con altre persone. Persone che ci guardano, ma senza vederci, che ci sentono ma senza ascoltarci, o peggio, che ci giudicano, ma senza conoscerci!!! Quanti crimini in «famiglia» di cui leggo su Il Giornale accadono per questo motivo, poiché nulla è più devastante nell'animo umano del convivere con persone che ti trattano così?!?!?
A parte quanto sopra scritto venendo a parlare nello specifico della mie personali esperienze nei rapporti di coppia (per quanto poco od anche nulla interessanti possano essere) desidero raccontarle che nel corso della mia vita mi sono unito a delle donne soltanto in tre differenti tentativi il primo ed il terzo con regolare matrimonio, il secondo di sola convivenza , sarà stato a causa del mio eccessivo romanticismo ma solo con la terza il matrimonio è andato bene. Purtroppo le prime due avevano un pessimo carattere che le portava a reagire insultando chi le contrariava e l'uomo che ha gli occhi bendati e le orecchie tappate dall'amore non sempre se ne accorge in tempo utile, per cui si trova a dover affrontare in tribunale i tristi risultati del fallimento, con relative spese giudiziarie, per avvocati ed alimenti oltre ovviamente al dispiacere della eventuale separazione dai figli (quando ci sono).
La motivazione che davano per il loro comportamento? Dicevano che «Sfogando così invece di esporre le proprie critiche senza offendere gli era utile a sentirsi meglio, che delle loro parenti erano morte di cancro perché stavano sempre zitte, perché si tenevano tutto dentro». Ma per me erano solo scuse con cui cercavano di nascondere la reale motivazione: praticare una tortura psicologica che durando giorno dopo giorno ogni giorno per delle ore avrebbe dovuto nelle loro intenzioni permettergli di dominare l'uomo sino a renderlo succube.
Inizialmente tentavo di farle ragionare, ma ad un certo punto, iniziavo a reagire rispondendo a tono e subito si calmavano dimostrandosi così secondo me vili.
Cordiali saluti,
Maurizio Canarutto
In queste «lettere d'estate», dalla pur gradevole lettura, c'è un'amara costante che proprio non mi va giù: possibile che nelle donne immaginarie rappresentate da queste fluenti righe quasi sempre alberghi tanto risentimento verso l'altro sesso? Per carità, non dico che sia poco realistico. Anzi. Collima con buona parte delle mie esperienze: colleghe, amiche, ex, mogli, fidanzate. Qualunque sia il ruolo, mi è capitato di imbattermi in dosi industriali di acido livore nei confronti del povero maschio.
Mi è anche capitata l'angosciosa occasione di origliare i discorsi di un gruppetto del genere «femmina adulta non più in età da marito», e le considerazioni che si scambiano in simili occasioni le donne fanno rabbrividire: si va dal mero dileggio di qualunque maschio abbia la ventura di far parte della loro vita, ad aspre e violente critiche, espresse in una forma che ricorda quella delle contrapposte tifoserie. Ma uomini e donne non sono squadre di calcio. Spesso il livore è un atteggiamento difensivo che si mette in campo prima di entrare nel vivo di un rapporto. O dopo, per rancore. O almeno speroGiusva Falomo
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