Una pena accessoria, forse, più pesante della stessa condanna penale. Accade a Milano, dove un maresciallo dei carabinieri ha patteggiato un anno e sei mesi, ma non potrà più guidare un'auto in vita sua. Infatti per la prima volta è stato applicato l'«ergastolo della patente».
«Una sentenza storica», l'ha definita il presidente dell'Avisl (Associazione vittime incidenti stradali) che, in qualità di avvocato, ha difeso la vittima dell'incidente costato la vita il 18 dicembre di due anni fa a Nicolò Luckenbach, videomaker e fotografo milanese di 32 anni che era in sella alla sua moto. Un dramma umano che per la famiglia di Nicolò non avrà mai fine. A trovare la sua fine è stata invece una complessa vicenda giudiziaria seguita a quel tragico sinistro del 2017 avvenuto a Milano in viale Tibaldi.
«Patteggiamento ad un anno e 6 mesi, con pena accessoria della revoca della patente a vita», questo il verdetto del gup chiamato a decidere sul procedimento che vedeva accusato di omicidio stradale un maresciallo dei carabinieri che, alla guida di una autovettura di servizio di proprietà del Dipartimento pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, determinò lo scontro a seguito del quale il giovane perse la vita. Alla lettura della sentenza, il padre della vittima è scoppiato in lacrime: «Giustizia è fatta», ha detto abbracciando l'avvocato.
Stando alle indagini, il carabiniere indagato, 55 anni, «effettuò una svolta a sinistra, quando in quel tratto c'era l'obbligo di proseguire diritto»: una manovra che obbligò Nicolò Luckenbach, che in moto viaggiava in senso opposto, a frenare bruscamente, tanto che perse il controllo della moto e cadde a terra; il 32enne venne ricoverato in ospedale, ma morì per le lesioni riportate.
Inizialmente era stato contestato all'indagato l'omicidio colposo ma poi, nei mesi scorsi, nell'udienza davanti al gup il pm aveva riformulato l'imputazione in omicidio stradale e ieri il procedimento si è chiuso col patteggiamento e la sanzione accessoria.
Per l'avvocato della vittima «questa sentenza è un caso che fa scuola e che se non altro fa giustizia, anche se i suoi cari non potranno mai più riabbracciare Nicolò».
Soddisfatto anche il legale dell'imputato che, codice alla mano, rischiava per il reato di omicidio stradale una condanna tra gli 8 e i 12 anni di reclusione. Il maresciallo se l'è invece cavata con solo un anno e 6 mesi che, considerando lo «sconto» previsto dal patteggiamento, rappresenta il minimo di pena applicabile dal giudice. Resta invece di enorme valore simbolico e giurisprudenziale aver comminato la misura accessoria dell'«ergastolo della patente»: neologismo sintattico-giuridico che vuole essere anche una forma di prevenzione e deterrenza tesa a sensibilizzare chiunque si metta alla guida. Un'assunzione di responsabilità che, nel caso di specie, il militare colpevole dell'incidente è stata «piena e totale» tanto da convincere il gup ad accettare il patteggiamento proposto dall'indagato. Nel contempo, però, il giudice ha ritenuto pedagogicamente utile irrogare una misura accessoria particolarmente afflittiva come il «ritiro definitivo della patente».
Il carabiniere alla guida dell'auto blu (all'interno della quale viaggiava una «personalità con ruoli istituzionali») ha ammesso la propria colpa, consistita nell'aver «compiuto un'inversione di
marcia in mezzo al controviale e proprio sotto un cartello che al contrario indica direzione obbligatoria dritta e che vieta anche la semplice svolta a sinistra».Un errore fatale, per il quale morì un giovane di 32 anni.
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