Taranto - Il rumore degli spari ha annunciato la tragedia. E pochi istanti dopo è affiorata la feroce verità celata oltre la porta di quell'appartamento, là dove si è consumata la strage in famiglia compiuta dal solito «depresso»: a far fuco è stato un appuntato dei carabinieri. Raffaele Pesare, 53 anni, ha ucciso padre, sorella e cognato; poi ha tentato di suicidarsi, ha rivolto l'arma contro se stesso e ha premuto ancora una volta il grilletto: è rimasto ferito al volto, è sopravvissuto all'orrore scatenato da un lampo di follia che ha sparso terrore e morte, ha trovato la forza di telefonare ai suoi colleghi per dare l'allarme: «Venite, ho fatto una ca», ha mormorato prima di accasciarsi su una sedia. È rimasto così, immobile, in attesa che arrivasse qualcuno. Adesso il militare è ricoverato in ospedale, ma secondo i medici ce la farà.
È accaduto a Sava, circa 16mila abitanti, una trentina di chilometri da Taranto, dove la gente è sotto choc e non riesce a spiegarsi il perché. Secondo le prime voci che si rincorrono in questo angolo di Puglia immerso tra gli ulivi ma non molto distante dal mare, all'origine del dramma ci sarebbe una lite innescata da ragioni di interesse, probabilmente legata a questioni di successione e in particolare alla gestione di un terreno agricolo.
Erano le 11.30, quando il carabiniere, in servizio al Nucleo Radiomobile, ha raggiunto casa della sorella. Nulla di strano, succedeva spesso, del resto i due abitano vicino e i rapporti erano buoni. Il militare aveva il giorno il libero, ha deciso di andare da lei, ma non è passato molto tempo e hanno cominciato a discutere di alcuni terreni. La sua è una grande famiglia di contadini, e anche lui ogni tanto amava fare un giro in campagna con il trattore per distrarsi dal lavoro. Ben presto tutto è degenerato, è scoppiata una lite furiosa, probabilmente sono volate parole grosse. A quel punto il 53enne ha estratto la pistola e ha cominciato a sparare: lo ha fatto più volte, ha ucciso il padre Damiano, la sorella Pasana detta «Nella», 51 anni, e il cognato Salvatore Bisci, 65 anni noto in paese come «Toruccio».
Il carabiniere ha quindi deciso di togliersi a vita, voleva farla finita davvero per sempre. Ma non ce l'ha fatta: si è sparato al volto, è rimasto ferito al naso, è riuscito a telefonare ai suoi colleghi e a dare l'allarme. Poi ha atteso. Più tardi è stato ricoverato all'ospedale di Manduria, nel pomeriggio i medici hanno disposto il trasferimento al Policlinico di Bari: le sue condizioni sono giudicate gravi, ma non è in pericolo di vita. In paese il dolore si mescola all'incredulità. Il militare è sposato, la sua è una famiglia molto religiosa e uno dei due figli da tempo ha manifestato l'intenzione di diventare sacerdote: «Non riusciamo a capire come possa essere accaduta una cosa del genere», dice il sindaco di Sava, Dario Iaia. Il quale ripete che «questa è tutta brava gente, non c'è mai stato nulla che potesse far pensare a una simile tragedia». «No, nessuna avvisaglia, siamo assolutamente sconvolti», dichiara il primo cittadino.
Al momento della strage, in casa non c'era il figlio della sorella e del cognato: è un bambino di undici anni, la scuola è chiusa ma lui era da un'amica per fare i compiti.
Il ragazzino è stato affidato ad altri parenti: non gli hanno ancora detto nulla, la gente gli si è stretta attorno. Nella casa dell'orrore era rimasto il cangnolino bianco di famiglia: alcune donne sono entrate, lo hanno preso e glielo hanno portato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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