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"Le carceri italiane a rischio. Troppi tagli alla sicurezza"

Donato Capece, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Sappe, denuncia il pericolo a causa dei tagli operati dal governo Renzi

"Le carceri italiane a rischio. Troppi tagli alla sicurezza"

"Alzare i livelli di sicurezza in Italia dopo i gravissimi attentati in Francia è assolutamente doveroso e fondamentale. Ma è altrettanto doveroso e fondamentale denunciare le precarie condizioni operative che sono costrette ad affrontare ogni giorno, nel nostro Paese, gli operatori della Sicurezza per i continui tagli di bilancio al settore della sicurezza che i vari Esecutivi che si sono alternati in Italia negli ultimi anni hanno fatto ai danni del Comparto Sicurezza. La sicurezza dei cittadini non può essere oggetto di tagli indiscriminati e ingiustificati". Proprio nelle ore in cui il ministro dell'Interno Angelino Alfano annuncia di aver messo a disposizione per Roma 700 militari in più in vista del Giubileo, da parte del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) arriva un vero e proprio atto d'accusa nei confronti del governo Renzi per i tagli operati nel comparto sicurezza.

Donato Capece, segretario generale del Sappe, in qualità anche di presidente della Consulta Sicurezza che raggruppa i vari sindacati di categoria (polizia, forestali e vigili del fuoco) avverte:"Anche il carcere è luogo sensibile, da monitorare costantemente, per scongiurare pericolosi fenomeni di proselitismo del fondamentalismo islamico tra i detenuti presenti in Italia". Capece ricorda, infatti, l'elevato numero di detenuti stranieri nelle carceri italiane: oltre 52.400 presenti alla data del 31 ottobre scorso, ben 17.342 erano stranieri (più di 13.500 gli extracomunitari) e di questi circa 8mila di Paesi del Maghreb e dell'Africa. Il Sappe fa anche presente come "indagini condotte negli istituti penitenziari di alcuni paesi europei tra cui Italia, Francia e Regno Unito hanno rivelato l'esistenza di allarmanti fenomeni legati al radicalismo islamico, che anche noi come primo Sindacato della Polizia Penitenziaria abbiamo denunciato in diverse occasioni. Tra questi fenomeni, vi è la radicalizzazione di molti criminali comuni, specialmente di origine nordafricana, i quali, pur non avendo manifestato nessuna particolare inclinazione religiosa al momento dell'entrata in carcere, sono trasformati gradualmente in estremisti sotto l'influenza di altri detenuti già radicalizzati. Un pò come accadde ai tempi del terrorismo, quando la consistente detenzione di molti terroristi - in particolare delle Brigate Rosse - portò delinquenti comuni ristretti in carcere ad 'abbracciare' la lotta armata in carcere".

"Questo fa comprendere", conclude Capece, "il gravoso compito affidato alla polizia penitenziaria di monitorare costantemente la situazione nelle carceri per accertare l'eventuale opera di proselitismo di fondamentalismo islamico nelle celle, anche alla luce dei tragici fatti di Parigi.

Ma per fare questo, servono anche fondi per la formazione e l'aggiornamento professionale dei poliziotti penitenziari nonché per ogni utile supporto tecnologico di controllo, fondi che in questi ultimi anni sono stati invece sistematicamente ridotti e tagliati dai governi che si sono via via succeduti alla guida politica del Paese".

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