E così le librerie riaprono, come da - nuovo - decreto del governo. Ma non in Lombardia: la Regione ha deciso misure più restrittive rispetto al provvedimento dell'esecutivo. Sul Giornale, una settimana fa, avevamo lanciato un appello per la riapertura delle librerie, come gesto simbolico ma anche concreto a favore di un comparto, quello del libro, che sta pagando carissima la crisi in corso. Però ora c'è un fatto sorprendente. E non è l'ordinanza della Regione Lombardia, che terrà ancora tutto chiuso (tranne il reparto libri dei supermercati...). Ma la posizione dei librai. Già venerdì sera, dopo la diretta televisiva di Giuseppe Conte, sui social in molti si sono scatenati dicendosi contrari alla decisione. E ieri mattina è partita una «lettera aperta» di 150 librai indipendenti del Nord e del Sud contro il provvedimento del governo. Un po' perché, senza ammetterlo direttamente, ci perdono di meno a tenere chiuso, con la cassa integrazione e la riduzione dei canoni d'affitto, piuttosto che ad aprire con pochissima gente in giro. Un po' perché temono di esporsi troppo in un momento in cui il pericolo di contagio è ancora alto (ma davvero il rischio per un librario è superiore a quello di una cassiera del supermercato?). «Non trattateci come cavie», è lo slogan del fronte del No. Va bene. Comprendiamo le motivazioni dei librai, che non vogliono la riapertura. Soltanto loro possono valutare rischi e benefici. Però continuiamo a restare sorpresi dalla decisione. Ed ecco perché. Per una volta che il libro entra da protagonista, simbolico o meno, nella quotidianità (quante volte abbiamo visto la parola «libreria» nei titoli di prima pagina dei giornali e nella home page dei siti di informazione? Mai), i librai si tirano indietro. D'accordo. Avrete i vostri motivi. Però adesso, da qui in poi, non potete più pretendere che si parli del libro come di un «bene essenziale». Non potete più ammantarvi della retorica che vuole il libro «pane dell'anima». Non potete più chiedere trattamenti di favore e aiuti per il mondo del libro. Potete sfruttare una congiuntura «straordinaria» favorevole, di cui nessun altro esercizio commerciale gode (tra tutti i negozi, solo alimentari, tabaccai, farmacie e librerie possono restare aperti), e voi cosa fate? Dite: «No, grazie». Sarà difficile difendervi, la prossima volta.
I costruttori, ieri, si sono lamentati: perché i cantieri devono stare chiusi e le librerie aperte? I costruttori di automobili lo stesso: perché concessionari chiusi e librerie aperte? Cari librai, se è solo una questione di rapporto guadagni-costi, sappiate che la visibilità che avrete in questi giorni, non la riavrete più. E se si tratta delle «distanze di sicurezza», state tranquilli. In Italia non si è mai vista un libreria affollata.
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