Nel 2008 era stata trovata diossina nei maiali irlandesi. Nel 2011 era stata la Germania a finire sotto accusa per la contaminazione da diossina di uova e mangimi destinati a maiali. Nel 2014 in Ucraina il mais alla diossina ha colpito latte e maiali. Quest'anno è stata invece la Cina ad essere travolta da uno grande scandalo alimentare che ha portato agli arresti oltre 110 arresti per la vendita di carne di maiale contaminata proveniente da animali morti per malattia.
Tutti precedenti che ti fanno passare la voglia di mangiare maiale... Ma se non è ancora passata, ecco una novità che può tranquillizzare chi mette nel carrello della spesa braciole, arista di maiale, cosciotti e, visto che siamo vicino Pasqua, anche carrè di agnello o costolette di capretto.
Da domani, infatti, questi prodotti saranno venduti con la loro carta di identità. Non potranno circolare confezioni anonime e non si correrà più il rischio di comprare agnello ungherese (è successo) spacciato per italiano. Entra infatti il Regolamento Ue 1337/2013 che impone a tutti gli stati membri l'etichetta delle carni di suino, ovino, caprino e volatili. In pratica, su ogni confezione dovrà essere riportata una delle seguenti indicazioni: «Allevato in...» poi «Macellato in...», «Origine...». Bisognerà dunque abituarsi a sfruttare questo nuovo strumento di trasparenza che aiuta il consumatore nella scelta consapevole delle carni da mettere in tavola. Quando si conosce la provenienza, ci si sente rassicurati. Come nella scelta del manzo: provenienza tedesca o piemontese? Facile la risposta, perché scegliere un prodotto autoctono spesso è una garanzia visto che Italia i controlli sono molti più stringenti che in altri paesi, soprattutto quelli dell'Europa dell'Est.
Del resto, l'obbligo dell'etichetta per carni di maiale, capra e pecora era necessaria. Diversi scaldali alimentari sono stati denunciati prima di arrivare ad ottenerla. Ma nelle carni sembra che la necessità di trasparenza diventi impellente solo dopo che qualcuno viene colpito da un'intossicazione alimentare.
La prima etichetta obbligatoria, infatti, è arrivata dopo l'emergenza della mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d'obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell'ortofrutta fresca. L'anno dopo c'è stato il codice di identificazione per le uova e del miele, nel 2005 del pollo, mentre solo nel 2009 è scattato l'obbligo di indicare anche l'origine delle olive impiegate nell'olio.
Rimane ancora senza identificazione la carne di coniglio, di cavallo e soprattutto i salumi. In pratica, se ora potremo scegliere di mangiare carne di maiale italiano non sapremo mai da dove proviene la materia prima contenuta nei salumi.
Una carenza particolarmente grave che - secondo Coldiretti - va colmata al più presto visto che nel nostro paese due prosciutti su tre sono fatti da maiali stranieri e così pure i salami, soppressate, coppe o pancette.