Roma - Dentro Forza Italia si continua a respirare tensione in vista dell'appuntamento romano di sabato al teatro Brancaccio, considerato una sorta di spartiacque per capire le intenzioni di Giovanni Toti. Nelle speranze di Forza Italia, la convention voluta dal governatore ligure avrebbe dovuto perdere il potenziale scismatico e assumere il carattere dell'evento unitario. Al momento però si respira aria di rottura.
L'ultimo tentativo di ricucitura verrà messo in atto dallo stesso Berlusconi giovedì o venerdì quando incontrerà Mara Carfagna e Giovanni Toti per tentare un chiarimento. A oggi né la vicepresidente della Camera, né Antonio Tajani saranno presenti e lo stesso vale per buona parte degli esponenti azzurri. Molti parlamentari intendevano partecipare per diluire la tensione ma al momento, dicono, le condizioni non ci sono.
Il botta e risposta si incentra sul rispetto del mandato dato ai coordinatori. In sostanza il rimprovero indirizzato a Toti è l'esondazione dai poteri che gli sono stati affidati. L'ultima scintilla è la proposta, fatta in un'intervista a La Verità di mettere in discussione l'appartenenza di Forza Italia al Ppe. «Non è un tabù, ma almeno portiamolo al tavolo e discutiamone», dicono in molti in Transatlantico.
«Come coordinatore pro tempore di Forza Italia, nominato per gestire la fase precongressuale, Toti dovrebbe evitare di prendere posizioni non concordate con gli organi direttivi. Chi chiede democrazia non può ipotizzare unilateralmente l'uscita di Forza Italia dal Ppe» dice Deborah Bergamini. «Tanto più mentre il Presidente Berlusconi e Tajani sono impegnati nella complicata partita delle nomine europee». Toti, su Facebook, insiste sulla necessità di dare una svolta e farlo al più presto. «Forza Italia è data dai sondaggi al 6%. Da un patrimonio di oltre 10 milioni è arrivata sotto i 2. Credo che questo sia sufficiente per decidere di cambiare tutto. Se vogliamo creare un contenitore che ritorni a dare risposte, io ci sono. Ma se dobbiamo fare il gioco dei quattro cantoni sulle interviste ai giornali per trovare il miglior pretesto per non fare niente, do partita vinta. Non è un gioco che mi interessa».
Mara Carfagna a questo punto attende l'annunciato tentativo di chiarimento e non esclude un passo indietro se non si troverà un modus operandi maggiormente improntato alla concertazione tra i due coordinatori. «Se il rinnovamento diventa una guerra fratricida non ci sto, mi chiamo fuori» dice al QN. Bisogna superare i contrasti interni per «costruire una struttura condivisa, partecipata, efficiente che affianchi il presidente Berlusconi».
La dirigente di Forza Italia è convinta della possibilità di un rilancio del partito: «Rilevazioni e sondaggi ci attribuiscono una potenzialità elettorale almeno doppia del nostro ultimo risultato alle Europee.
Il nostro partito è stato dato per morto così tante volte in 25 anni di successi che secondo me le ipotesi nefaste ci portano sempre fortuna». Berlusconi resta un punto fermo: «Non vedo come possa essere ostacolo chi questo rinnovamento lo ha voluto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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