Il caso Carige e i continui pressing della Consob

Soci in fuga dalla banca genovese. L'Authority chiede più trasparenza

di Marcello ZacchéC'è un caso emblematico sulla crisi che ha travolto le banche italiane a partire da novembre. Importante per comprendere sia il ruolo della tanto criticata Consob sia il comportamento delle banche verso i risparmiatori. Il caso è Carige, la ex Cassa di Risparmio di Genova, travolta nel 2013 dallo scandalo della gestione del suo ex presidente Berneschi, finito agli arresti. Carige ha bruciato, negli anni, centinaia di milioni e si è salvata in extremis con l'aumento di capitale da 850 milioni del giugno scorso, quando il prezzo era di 1,5 euro per azione. Ieri il titolo ha chiuso a 87 cent, in calo del 7,3%; nelle sole 11 sedute del 2016 la capitalizzazione si è ridotta del 30%, a 787 milioni, meno dell'aumento di giugno: nonostante i nuovi vertici e l'ingresso di soci forti come la famiglia Malacalza al 17,5% e il petroliere Volpi al 6%, Carige resta con Mps la banca più sotto tiro in Borsa.Il presidente, Cesare Castelbarco, e l'ad Piero Montani hanno rilasciato interviste per tranquillizzare sulla solidità patrimoniale della banca, imputando i crolli alla speculazione. Ma l'impressione è che in Carige non si sia ancora capito che con le nuove norme sul bail-in il mondo è cambiato. E che se si vuole stabilire con il mercato un rapporto di fiducia, non basta più rispettare la legge. Ma bisogna iniziare a rispettare anche il mercato. E le sua Authority, la Consob. Così capita che la Commissione guidata da Giuseppe Vegas abbia dato l'ok a Carige alla pubblicazione del «supplemento al prospetto informativo» su una serie di obbligazioni per modifiche sull'utilizzo del loro ricavato. La legge prevede che in questi casi si pubblichi il supplemento e si conceda ai sottoscrittori il diritto di revoca (il rimborso) e almeno due giorni di tempo per esercitarlo. Ebbene, Carige ha emesso un comunicato stampa il 29 dicembre, senza però fare riferimento al diritto di revoca. Questo compare sull'avviso a pagamento pubblicato il 30 su un quotidiano, con il termine di «due giorni lavorativi». Compreso giovedì 31 dunque? Un dubbio che ha costretto Consob a intervenire per chiedere di emettere l'indomani un secondo comunicato nel quale: 1) si capisse di cosa si parlava; 2) si precisasse che i due giorni lavorativi erano il 4 e il 5 gennaio.Da un punto di vista formale Carige non ha sbagliato nulla. Ma le strutture che dialogano con la Consob e l'ufficio Comunicazione interno alla banca - guidato sempre dagli stessi uomini di Berneschi - forse non hanno capito che, con l'Etruria ancora «calda», certe prassi sono diventate letali; la trasparenza è un valore; mentre quei «due giorni lavorativi» concessi a Capodanno - quando lo standard delle associazioni di consumatori suggerisce 15 giorni di tempo per le revoche - suonano più che stonati. Non bastasse, con la classica toppa peggiore del buco, in un'intervista del 13 gennaio Castelbarco ha dichiarato che «quelle obbligazioni non sono subordinate e non rientrano nella normativa del bail-in». Dimenticandosi di essere già nel 2016, quando tutte le obbligazioni rientrano nel bail-in. Anche in questo caso la Consob - pur informalmente - è intervenuta, sollecitando una forma di rettifica.Che Consob sia attenta lo dimostra anche il procedimento giudiziario di impugnativa del bilancio 2014, a cui l'Authority ha ricorso dopo che Carige, un anno fa, si è opposta ad alcune richieste di modifica attraverso la procedura amministrativa standard.

Evidentemente la dialettica è forte. E visto l'andamento del mercato - sul quale ha venduto recentemente anche Volpi, scendendo dal 6 al 5% - anche il messaggio è chiaro. E non si potrà dire che l'Authority non l'abbia lanciato.

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