La verità sulla morte di Giulio Regeni è ancora lontana. Ma in queste ore qualche passo in avanti è stato fatto per scoprire i mandanti e gli esecutori materiali dell'omicidio del ricercatore giuliano, scomparso al Cairo il 25 gennaio scorso in circostanze oscure e trovato morto il 3 febbraio lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria. Si sa con certezza che qualcuno al Cairo continuò a indagare sul ventottenne, anche quando l'inchiesta su di lui era stata chiusa. Il capo del sindacato degli ambulanti, Mohamed Abdallah, infatti, informava la polizia sui suoi incontri con l'italiano e ha continuato a farlo fino al 22 gennaio. Incontri, che in alcuni casi sono stati anche registrati.
Ieri il procuratore generale della repubblica araba d'Egitto Ahmed Nabil Sadeq, che ha incontrato il Pg Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaioccola nella scuola di polizia di via Guido Reni, ha messo a disposizione tutta la documentazione sollecitata a settembre con la rogatoria. Ha anche fatto sapere di aver sentito il personale di polizia che ha proceduto sia agli accertamenti su Regeni nei primi giorni di gennaio sia su quelli coinvolti nella sparatoria in cui sono morti i cinque componenti della banda criminale.
Questo significa che gli inquirenti egiziani da tempo stanno indagando sull'operato di un nutrito numero di agenti, ma continuano a non voler fornire nomi e verbali ai nostri magistrati. A loro volta gli italiani hanno consegnato ai colleghi la documentazione sui conti correnti intestati alla vittima in Italia e nel Regno Unito.
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