La privacy del Garante della Privacy finisce in uno screenshot. Mentre da sinistra continuano le critiche a Report per la decisione di mandare in onda una telefonata privata tra l'ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini, probabilmente registrata illegalmente dall'ex collaboratrice del ministro Maria Rosaria Boccia (che l'ha riversata in un esposto), nel mirino di Sigfrido Ranucci c'è il ruolo del consigliere dell'Authority Agostino Ghiglia, ex parlamentare di An negli anni Duemila, che si sente vittima di una "invereconda gogna mediatica" perché secondo Report avrebbe ricevuto pressioni da Sangiuliano perché il Garante procedesse spedito per condannare la trasmissione. C'è un messaggio di Sangiuliano a Ghiglia che lui avrebbe girato all'assistente Cristiana Luciani, moglie del deputato Fdi Luca Sbardella, componente della Vigilanza Rai. Lo confermerebbe lo screenshot dello scambio di email in mano a Report che il commissario non nega.
Ma nella foga di "incastrare" Ghiglia - inseguito dai segugi di Report a Bologna, braccato e intervistato due volte dall'inviata Chiara De Luca - la trasmissione inciampa in un errore. Il messaggino c'è ma è del 13 ottobre 2024, la trasmissione Rai manderà in onda l'audio incriminato solo l'8 dicembre. Dunque il reclamo di Sangiuliano non è quello su cui ha deciso il Garante ma è quello contro il settimanale Chi, Repubblica e i siti Dagospia, Fanpage e Today, "bocciato" proprio dall'Authority perché riguardava solo l'ex ministro. Come faceva a sapere Sangiuliano che Report avrebbe rovinato la reputazione della moglie mandando la telefonata in onda due mesi dopo? E quale sarebbe la "corsia preferenziale" invocata da Report se il verdetto è arrivato quasi sul gong, dopo più di un anno dalla prima segnalazione? Peraltro, quello presentato dalla Corsini sarebbe ancora pendente ma rischia di essere archiviato perché fuori tempo massimo rispetto a quello concesso al Garante per decidere. La decisione dell'Authority riguarda infatti la diffida alla messa in onda delle loro conversazioni private, datata 8 dicembre. È questa segnalazione che è scaturito il procedimento che ha portato alla maximulta da 150mila euro alla Rai per la violazione della privacy. Per Ranucci e i suoi è lana caprina, lo ribadisce il vicedirettore Rai a margine dell'evento su Stragi d'Italia, libro di Luigi Li Gotti e Saverio Lodato.
"Sfido Ranucci a un faccia a faccia in diretta, non essendogli bastate le due interviste già rilasciate a una sua pugnace cronista. Facciamo un confronto in diretta con un giornalista indipendente Rai a fare da arbitro", dice in serata Ghiglia, pizzicato lo scorso 22 ottobre davanti alla sede Fdi da un inviato che il commissario sostiene potrebbe averlo pedinato, ("sarebbe inqualificabile, medito di denunciare l'accaduto", ribadisce). Sappiamo che Ghiglia era lì per parlare con l'amico Italo Bocchino, come conferma il direttore del Secolo.
"Ghiglia non dice il vero sulla procedura d'urgenza. Abbiamo le prove e le faremo vedere. Il fatto che abbiano impiegato un anno per approvare la delibera non significa nulla, la maggior parte delle decisioni arrivano molto più tardi", è la replica velenosa di Ranucci, secondo cui "appellarsi alla diretta è una scusa di chi non vuole rispondere".
L'audizione in Vigilanza ci sarà solo il 5
novembre, "se serve per far chiarezza e migliorare le cose è benvenuta". Il giorno prima il vicedirettore sarà ascoltato in Antimafia sull'attentato a casa sua, in una frazione di Pomezia, ancora senza un mandante preciso.