Altro che pentimento. Siamo al paradosso dell'assassino (presunto, per carità, non sia mai che si offenda) che «detta le condizioni» al pm: «O cade la premeditazione, oppure non rispondo». Capito? Marco Prato replica a muso duro al pubblico ministero, intenzionato a chiedergli se - quando «convocò» Luca Varani in casa di Manuel Foffo - avesse già deciso, insieme col suo compagno, di uccidere Varani. Quesito fondamentale per accertare l'eventuale premeditazione dell'omicidio. Ma a Prato la domanda non piace, la considera evidentemente «non pertinente». E così, consigliato dal suo difensore, ha deciso di non rispondere. Un mutismo-bis, considerato che già il primo tentativo di interrogatorio era andato deluso perché l'imputato si era «sentito male».«Non sono in condizione di rispondere - aveva fatto sapere Prato -, sono stressato, stanco, confuso. Voglio essere ricoverato in infermeria».Ora il «pr» romano, specializzato nell'organizzazione di feste gay, si è ripreso, ma di spiegare come andarono i fatti in quel maledetto 4 marzo (quando lui e Manuel Foffo torturarono e uccisero il povero Varani), non ne vuol proprio sapere. E questa volta la «salute» non c'entra. C'entrano invece ragioni «squisitamente tecnico giuridiche», fa sapere il difensore di Prato, Pasquale Bartolo: «Il mio assistito non ha risposto per un motivo preciso, il pm continua a contestargli l'aggravante della premeditazione, nonostante la decisione del gip di farla cadere. Prato risponderà al pm appena gli verrà contestata l'imputazione così come indicata nell'ordinanza di custodia cautelare del gip». Parole che hanno lasciato di sasso non solo la famiglia e gli amici della vittima, ma anche l'intero popolo del web che gronda indignazione: «Vedrete che questi due, grazie ai soliti trucchetti, faranno pochi anni di carcere e torneranno liberi». Congettura che al momento non trova possibili appigli, benché la «giustizia» ci abbia abituato a scenari imprevedibili. Opposta la strategia difensiva dell'altro imputato, Manuel Foffo, che ha invece deciso di collaborare coi giudici senza appellarsi ai cavilli.Tra pm e gip è comunque innegabile che esistano, sul fronte «premeditazione», visioni differenti. Il gip nella sua ordinanza non ha infatti esplicitato questa aggravante, mentre il pm non vuol rinunciare a esplorare tale ipotesi che appesantirebbe ulteriormente la posizione della coppia Foffo-Prato: che continua a scaricarsi vicendevolmente la responsabilità della «coltellata mortale».L'unica versione agli atti fornita da Prato risale all'interrogatorio di garanzia, quando riferì di «non aver cercato nessuna vittima da uccidere, bensì una vittima per una violenza sessuale perché Manuel avrebbe voluto vivere un esperienza estrema». Nella stessa occasione Prato sostenne di «essere succube dell'amico» e che «all'arrivo del 23enne Luca Varani i tre avrebbero cominciato delle pratiche erotiche, ma poi Foffo avrebbe perso la testa massacrando Varani a colpi di coltello e martello, incitando l'amico Prato a strozzarlo per non farlo urlare».Tutto un altro «film» quello descritto da Manuel Foffo: «È stato Marco Prato a dare il colpo finale».
Foffo ribadisce poi che «era intenzione dei due fare del male a qualcuno». Da qui - e sul punto pm e gip sono d'accordo - è scaturita una violenza inaudita, «priva di movente» e figlia di una «malvagità solo fine a se stessa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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