Mondo di Mezzo: per la Cassazione non è mafia. Cinque anni e tre gradi di giudizio che hanno ribaltato le sentenze precedenti, fino a ieri quando gli «ermellini» del Palazzaccio hanno cassato: il sodalizio criminale con a capo Massimo Carminati, il «nero» di Romanzo Criminale, e il ras delle Coop rosse, Salvatore Buzzi, non era di stampo mafioso. I giudici della VI sezione penale della Cassazione, presieduta da Giorgio Fidelbo, al termine della camera di consiglio hanno letto la sentenza. Il terzo grado di giudizio fa cadere definitivamente il 416 bis, reato riconosciuto solo in appello. Per Carminati, Buzzi e Gramazio nuovo processo d'appello per ridefinire le pene senza l'aggravamnte mafiosa. Esultano i loro legali. Definitive le condanne per altri otto imputati. La sindaca Raggi abbozza: «È comunque un sodalizio criminale». Il centrodestra, da Alemanno a Storace, grida allo sciacallaggio.
Il maxi processo alla banda che teneva in scacco Roma controllando appalti, tangenti ed estorsioni viene avviato all'indomani di due operazioni dei carabinieri del Ros. La prima del 2 dicembre 2014, la seconda il 4 giugno successivo. Fra i primi 37 arrestati (su un totale di 81 ordinanze di custodia cautelare) Massimo Carminati, il «cecato», e Salvatore Buzzi, a capo di una cooperativa di ex detenuti. Il 20 luglio del 2017 le prime condanne: non viene riconosciuta l'associazione a delinquere di stampo mafioso su cui aveva puntato la Procura di Pignatone. In totale 250 anni di carcere contro i 500 chiesti dai pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli. Alla sbarra 46 imputati, 19 con l'accusa del 416 bis, 41 condanne, cinque assoluzioni. Libero l'ex dg dell'Ama Giovanni Fiscon, Rocco Rotolo, Salvatore Ruggiero, Giuseppe Mogliani e Fabio Stefoni. All'ex Nar Massimo Carminati 20 anni contro i 28 anni chiesti dai pm. Salvatore Buzzi condannato a 19 anni contro i 26 anni e 3 mesi chiesti. Per Riccardo Brugia, il braccio destro di Carminati, 11 anni. Fra i politici coinvolti l'ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio Luca Gramazio, 11 anni di carcere, e Mirko Coratti, ex presidente dell'assemblea capitolina, sei anni di reclusione. Ma l'11 settembre 2018 i giudici della Terza Corte d'Appello di Roma, presidente Claudio Tortora, ribadiscono: è mafia.
Ieri sera, dopo tre giorni di udienze fiume e le requisitorie dei tre sostituti procuratori Luigi Birritteri, Luigi Orsi e Mariella De Masellis, la conferma delle condanne di secondo grado per i 14 imputati. Le organizzazioni con a capo Carminati e Buzzi, però, sono associazioni a delinquere ben distinte. Due personaggi solo all'apparenza distanti fra loro Carminati e Buzzi. Il primo è un ex terrorista cresciuto all'ombra dei Nar di Giusva Fioravanti e della banda della Magliana («Si chiamavano i fascisti quando c'era da fare qualche recupero crediti» racconterà il pentito Antonio Mancini, «l'accattone»). L'altro ha un omicidio alle spalle, un socio in affari che lo ricattava, eliminato da Buzzi con 34 coltellate al termine di una lite. In carcere Buzzi è un detenuto modello tanto da godere di benefici e della grazia del presidente della Repubblica Scalfaro. Carminati è coinvolto nei mille misteri d'Italia che vanno dalla strage alla stazione di Bologna, all'omicidio del direttore di Op Carmine «Mino» Pecorelli. L'occhio sinistro lo perde in un conflitto a fuoco con la Digos al valico con la frontiera svizzera. Gli agenti di polizia lo bloccano assieme a Domenico Magnetta e Alfredo Graniti di Avanguardia Nazionale.
Deciso a farsi ammazzare per un ideale negli anni '70, pronto a entrare in azione 30 anni dopo pur di arraffare segreti e denaro. Come nel colpo ideato, e portato a termine con successo nel 2000 al caveau della Banca di Roma nel Tribunale di piazzale Clodio.
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