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Catalogna commissariata. I sindaci si preparano alla "rivolta delle tasse"

Gli autonomisti: non versiamo l'Irpef a Madrid. Sarà la Santamaria a guidare la Generalitat

Catalogna commissariata. I sindaci si preparano alla "rivolta delle tasse"

Non vuole lasciare. E si appella alle regole democratiche e alla pace universale per continuare nella sua «resistenza passiva» contro il pugno di ferro di Madrid. Il deposto presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, non accenna a obbedire all'esecutivo di Mariano Rajoy, legittimato dal Senato. Ieri pomeriggio ha inviato il suo messaggio alla TV3 de Catalunya. «C'è la volontà di continuare a lavorare per costruire un Paese libero. Ora nessuno può negare che io sia stato contrario a ogni forma di dialogo per trovare una soluzione», ha spiegato l'ex sindaco di Girona, in politica dal 1992, anno i cui collaborò con il comitato cittadino delle Olimpiadi che restituì lustro a Barcellona e alla Spagna. E ha invitato i catalani a emularlo nella sua «opposizione democratica contro l'applicazione dell'articolo 155», che l'ex president definisce «aggressione premeditata alla volontà espressa dai catalani» nel referendum del 1° ottobre scorso, invalidato dalla Corte Costituzionale.

Puigdemont ha rilanciato la cuestíon catalana: «Non dobbiamo mai abbandonare l'atteggiamento civile e pacifico. Noi non vogliamo e siamo contrari alla ragione della forza». E si è rivolto ai suoi disobbedienti: «Vi chiedo pazienza, perseveranza e di trovare una prospettiva per continuare a portare avanti l'indipendenza», ha concluso nell'atrio del Palau de la Generalitat, con alle spalle le bandiere della Catalogna e dell'Unione europea. Un discorso breve che non ha fatto alcun riferimento alla sua destituzione, allo scioglimento del Parlament e del suo esecutivo votato alla secessione. Da oggi la vice premier Soraya Sáenz de Santamaria ha assunto anche le mansioni di presidente della Comunità autonoma catalana, secondo quanto previsto dal voto di venerdì del Senato e controfirmato ieri da re Felipe VI: nel decreto regio si delineano gli organi e le autorità preposte alla Generalitat per procedere all'effettivo commissariamento della regione. Il ministro degli Interni, Juan Ignacio Zoido, ha ufficialmente «licenziato» il maggiore dei Mossos d'Esquadra, Josep Luis Trapero, già indagato per sedizione dal Tribunale supremo e, in attesa del processo, in libertà vigilata. Lo sostituisce il vice, Ferran Lopez. Un passo delicato che avrebbe potuto creare tensioni, se non ribellioni, ma per distendere gli animi gli stessi agenti catalani hanno twittato: «Continuiamo a lavorare normalmente».

A Barcellona, tuttavia, le decisioni del Gobierno non hanno sortito alcun effetto sulla Generalitat e il Parlament che sabato si è riunito - benché dichiarato sciolto da Rajoy - per approvare 9 milioni di euro di fondi per rifare l'asfalto in città. Ma domani 150 funzionari pubblici dei dipartimenti passati sotto il controllo dei ministeri madrileni non potranno presentarsi al lavoro, essendo ufficialmente licenziati perché dipendenti dalla deposta Generalitat. Domani potrebbe scattare anche l'arresto di Puigdemont, quando il Gobierno depositerà al Supremo una denuncia contro di lui per sedizione e ribellione. Questo potrebbe aprire rischiosi scenari: disobbedienza generalizzata, scioperi, picchetti, catene umane davanti agli edifici pubblici. Un disordine non violento, ma a prova di nervi. Poi c'è da considerare la presenza di almeno 700 sindaci indipendentisti, su un totale di 947. Sono il «contropotere municipale e popolare che sostituirà il regime borbonico di Madrid», ha scritto Publico. «Da subito smetteremo di versare l'Irpef dei dipendenti comunali e i fondi li verseremo su altri conti non visibili a Madrid», ha detto Joan Pla, sindaco di Oros.

Intanto oggi gli unionisti manifesteranno a Madrid per difendere l'unità della Spagna.

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