Referendum indipendenza in Catalogna

La Catalogna militarizzata. Elettori occupano i seggi

A Barcellona la protesta dei trattori. E Rajoy schiera 15mila agenti. Ordine a Google: stop all'app sul voto

La Catalogna militarizzata. Elettori occupano i seggi

Barcellona - Apriranno domani mattina i seggi per il referendum sull'indipendenza della Catalogna in un clima di totale incertezza. Da settimane un cortocircuito costituzionale ha disegnato un inedito scenario di scontro tra la Catalogna, che vuole votare per l'indipendenza e poi, in caso di vittoria del «sì», avviare un processo lampo verso la secessione, e il governo centrale di Madrid, forte dell'art. 2 della Costituzione che riconosce «l'unità indissolubile della Spagna» e «la sovranità del suo Parlamento».

A oggi l'esecutivo di Mariano Rajoy, davanti alla disobbedienza del presidente catalano Carles Puigdemont e della sua squadra politica, non ha fatto altro che applicare la legge, arrivando persino a bloccare lo spazio aereo sulla Catalogna, in uno scenario parabellico, e ordinare alla Guardia Civil la confisca di 3 milioni di schede, alcune delle quali l'Associazione Nazionale Catalana ha distribuito per le strade. Poi i giudici hanno intimato a Google di bloccare la app che aiuta a trovare i seggi ufficiosi. Il premier Rajoy, sbeffeggiato come un mediocre ragioniere di Stato, ha mostrato, invece, il polso dello statista e, d'altra parte, non ha mai voluto concedere ai catalani ciò che la Spagna, in 42 anni di democrazia, non ha mai dato né ai Paesi Baschi né alla Navarra, le altre due autonomie che nutrono da decenni velleità nazionaliste e che, sull'esempio dei catalani, potrebbero insorgere.

La Generalitat, dopo l'invio di 15mila uomini della Guardia Civil e il conseguente «commissariamento» delle forze catalane, parla di una «palese occupazione» per mano di Madrid, sbarra la strada al dialogo e la apre ai 400 trattori che, ieri, hanno invaso le vie di Barcellona, città sempre a un passo dall'insurrezione violenta, com'è quasi accaduto dopo l'invio degli ispettori fiscali madrileni nei dicasteri catalani. Cercavano prove di malversazione di denaro pubblico, dirottato dai fondi per Sanità e Istruzione al referendum «illegale». E le hanno trovate in varie operazioni da 6 milioni riconducibili al vice presidente catalano Oriol Junqueras e ai suoi consiglieri, tutti indagati e condannabili a 15 anni di carcere. Lo stesso comportamento delle frange più nazionaliste, che hanno bloccato gli ispettori all'interno del ministero catalano dell'Economia, ha dato all'Audencia Nacional il via per indagare per «sedizione» politici e organizzatori del referendum.

Ieri, Rajoy ha lanciato l'ennesimo appello ai disobbedienti a rispettare la Costituzione. Rientrato da Washington, dove ha incassato l'appoggio di Donald Trump, ha annullato la sua presenza al vertice Ue di Tallin, mentre Puigdemont riceveva dal consigliere catalano per l'Istruzione le chiavi di tutte le scuole pubbliche della Catalogna, sedi dei collegi elettorali e luoghi dai quali, domani, la Guardia Civil dovrà allontanare, anche con l'uso della forza, i catalani intenzionati a votare, anche con l'aiuto «comandato» dei Mossos che, invece, venerdì sera, per voce del loro maggiore Trapero, hanno espresso l'intenzione a «non fare alcun uso della violenza». In pratica, una resistenza passiva che, molto, probabilmente favorirà domenica l'abbattimento di quel muro, pur legale, ma fragilissimo, che separa gli indipendentisti dalle urne. Intanto un gruppo di indipendentisti ha occupato almeno due scuole trasformate in seggi nel centro di Barcellona per consentire di svolgere il referendu. Altri hanno pubblicato su Twitter le immagini di altri seggi occupati.

E Re Felipe annulla tutti gli impegni da lunedì.

Commenti