Roberto Pellegrino
Barcellona Quando lunedì Carles Puigdemont, presidente dei catalani e di quella minoranza secessionista che agita la Catalogna da otto giorni, in tv si è rivolto ai suoi disobbedienti, alla Moncloa, il palazzo madrileno del governo, qualcuno ha sperato in una sua resa finale e incondizionata, ora che rischierebbe anche la galera in compagnia della sua squadra di disobbedienti. Il suo vice, Oriol Junqueras, rischia 15 anni con il suo braccio destro Josep Maria Jové, per «disobbedienza e malversazione di denaro pubblico» a favore del referendum «illegale». I «Mossos», la polizia regionale, hanno perso ogni potere sulla Catalogna e devono sottostare agli ordini della Guardia Civil, il suo maggiore, Josep Lluis Trapero, fa melina e rischia la corte marziale. E l'esecutivo di Mariano Rajoy ha «commissariato» tutti i fondi statali per i ministeri catalani.
Ma Puigdemont non si è lasciato intimidire e, confermando la sua linea di guerra, ha detto: «La procura generale non ha escluso un mio arresto nelle prossime ore. Non sarebbe una buona idea, ma se succederà faremo fronte a qualsiasi decisione. Stiamo affrontando un'offensiva giudiziaria vergognosa, indegna di uno Stato democratico». A calmare le acque è intervenuto in serata il Procuratore generale di Stato, José Manuel Maza, che ha dichiarato «non opportuno» chiedere ora l'arresto di Puigdemont.
Ieri al Segretariato di Stato per la Sicurezza si è tenuto l'atteso incontro tra i vertici della Policia Nacional, «la forza di occupazione spagnola» secondo il disobbediente Junqueras, e dei «Mossos». A sorpresa non si è presentato Josep Lluís Trapero, maggiore dei «Mossos», che ha inviato il suo numero tre, il commissario Ferran López Navarro. Un gesto poco gradito a Madrid che, secondo alcune fonti, indicherebbe una strategia di comunicazione: nessuna foto sui giornali di Trapero che, a testa bassa, si siede al tavolo del nemico. A quanto è trapelato, sembra che non esista nessun margine di ribellione delle forze catalane che hanno accettato di sottomettersi a Madrid. Probabilmente si limiteranno a eseguire «con molta lentezza gli ordini».
L'Associazione Nazionale Catalana e Ominiu, i due organizzatori del referendum su mandato della Generalitat, sono indagati dalla Procura di Madrid per sedizione. I loro presidenti rischiano la galera e dovranno rispondere all'Audencia Nacional, il Supremo tribunale di Spagna che non ha gradito la distribuzione, domenica e lunedì, per le strade di Barcellona, di migliaia di schede per il referendum del 1° ottobre, sfuggite, via mare o via terra, alle perquisizioni della Guardi Civil.
E ieri la Corte dei Conti di Madrid che ha comminato ad Artur Mas, ex presidente della Catalogna, una multa di 5,2 milioni di euro per avere
disobbedito a Corte Costituzionale e Governo, celebrando il 9 novembre del 2014 il primo referendum, poi finito in una consultazione popolare senza valore legale. Se Mas non pagherà gli si apriranno le porte del carcere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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