Il Cav avverte: nessuno è intoccabile. Stoccata alla Boschi sulla caccia ai voti azzurri

RomaIl racconto di Forza Italia negli ultimi due giorni è quello di un partito che vive una profonda torsione interiore che nemmeno la rottura del Patto del Nazareno riesce pienamente a dipanare. Ieri è proseguita, soprattutto, presso la sede del partito in piazza san Lorenzo in Lucina la febbrile attività di consultazione tra i parlamentari, una sorta di assemblea permanente che spesso ha visto tra i protagonisti la senatrice Mariarosaria Rossi, esponente del nucleo storicamente più vicino al Cavaliere.

Secondo quanto riferiscono fonti bene informate, l'intenzione sarebbe quella di sostituire Denis Verdini nel ruolo di coordinatore con un altro nome, ovviamente gradito al Cavaliere, in modo da portare avanti - su altre basi - sia le trattative con Matteo Renzi su riforme e legge elettorale sia il processo di ricongiungimento con Ncd di Angelino Alfano, che parallelamente sta vivendo un travaglio uguale e contrario. Durante il comitato di presidenza ristretto, lo stesso Berlusconi avrebbe detto: «Nessuno si senta intoccabile», alimentando così le speranze di coloro che ambiscono a una totale ristrutturazione interna.

Il problema è che ogni occasione è giusta per scatenare una polemica. Basti pensare che quella che avrebbe potuto essere una parziale vittoria per il «dissidente» Raffaele Fitto si è tramutata in un nuova frattura. L'europarlamentare, convocando una conferenza stampa in contemporanea al comitato, ha di fatto gettato via una chance. I richiami del consigliere politico Giovanni Toti (e quelli dell'adirato Berlusconi) avevano questo significato. Ma la pervicacia nel chiedere l'azzeramento di tutte le cariche e i sospetti sulla stessa veridicità delle parole del Cav sul patto («Se non vedo, non credo») non aiutano.

Alcune lamentele dei fittiani, però, sono condivise. Ad esempio, non è stata gradita la presenza nel comitato di due esterne come la senatrice Rizzotti e la deputata Ravetto, mentre Fitto e Biancofiore hanno lamentato la mancata convocazione scritta. C'è chi si è lamentato perché le dimissioni dei capigruppo Romani e Brunetta «sono durate cinque minuti». I «berlusconiani» più convinti pensano che i parlamentari vicini all'esponente pugliese stiano giocando in proprio perché sicuri di non essere ricandidati. I «verdiniani», invece, pensano che alla fine il patto del Nazareno sopravvivrà e con loro il loro capo corrente. Gli esponenti più vicini al senatore Matteoli sottolineano come l'ex ministro dell'Ambiente sia stato decisivo nel dare al comunicato finale un tono molto più «di rottura» rispetto alla bozza iniziale.

Maurizio Gasparri cerca un compromesso. «È inutile lanciarsi accuse reciproche perché il Nazareno è stato siglato da Berlusconi», afferma. «Riprendiamo a fare politica e tutto il resto seguirà, anche la valorizzazione di chi si è sentito messo da parte». Osvaldo Napoli invita ad andare «oltre il perimetro del nostro orto», cioè a pensare a una riaggregazione più ampia.

In tutto questo si scatenate le polemiche tra Renato Brunetta e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Quest'ultima ha minimizzato asserendo che «non seguiamo le correnti Pd, figuriamoci se possiamo aspettare le correnti Fi». Ma Brunetta ha subito ribattuto: «Boschi ha la memoria corta. Lei forse non insegue le correnti, ma certamente insegue i voti.

Ci ricordiamo tutti le accorate telefonate sue e del sottosegretario Lotti per chiedere i voti di Forza Italia alla Camera e al Senato per non andare sotto, non solo sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale, a causa dei dissidenti in casa propria».

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