Presidente Silvio Berlusconi, in Abruzzo ha vissuto uno dei momenti più impegnativi da premier, anche dal punto di vista emotivo. Al suo ritorno ha ricevuto un'accoglienza calorosa, che effetto le ha fatto?
«Una profonda commozione, mi ha toccato il cuore. Ho ritrovato questa gente d'Abruzzo, forte, tenace, composta nel dolore, capace di un affetto profondo, quell'affetto che mi fecero sentire allora quando rimasi in Abruzzo intere settimane per coordinare la ricostruzione e che ho ritrovato ancora. Considero una delle pagine più belle dei miei anni di governo quella di aver consegnato in pochi mesi un tetto antisismico, confortevole e completo di tutto quel che serviva a viverci da subito, a più di ventimila abruzzesi che avevano perso la casa».
La gestione del dopo terremoto dell'Aquila, per efficacia non ha precedenti e purtroppo è rimasto un caso unico. Che effetto le fa, vedere in altre zone terremotate gente ancora nei container a distanza di anni dall'evento?
«Ho sempre esitato a parlarne, perché non si specula sulle tragedie, ma non si può più tacere di fronte allo spettacolo di migliaia di persone senza casa che da anni aspettano una soluzione e stanno passando questo inverno come i precedenti al freddo, in condizioni precarie. Per molti la scelta drammatica è tra lasciare definitivamente la propria terra e rimanere tra disagi che sono davvero inimmaginabili per chi non li prova. Chi avrebbe dovuto gestire la ricostruzione prima di tutto la sinistra, a livello nazionale e locale - ha delle responsabilità che non si possono ignorare».
La foto di gruppo di Pescara lascia aperta una speranza di rivedere il centrodestra unito anche a livello nazionale, ma il clima tra di voi non è sembrato dei migliori...
«Trova? Io ho avuto tutt'altra impressione. Anzi, come sempre quando ci incontriamo, vedo grande cordialità personale e una sincera amicizia che, proprio perché è sincera, non è intaccata dalla visione diversa di alcune materie. Giovedì ci siamo visti per ribadire il buon governo del centrodestra nelle regioni e nelle amministrazioni locali, un modello che vincerà anche in Abruzzo e prossimamente in Sardegna, in Piemonte, in Basilicata, con candidati scelti insieme. Questo conferma quello che ho sempre detto, e cioè che il centrodestra esiste, è forte e radicato nei cuori e nei pensieri degli italiani. È il nostro presente e sarà il nostro futuro. Continuo a pensare, ma naturalmente non dipende solo da me, che lo stesso centrodestra debba tornare presto a governare il Paese».
A Pescara è successo qualcosa che è sfuggito a noi cronisti
«In effetti leggendo alcuni giornali mi sono chiesto che i corrispondenti abbiano partecipato alla stessa conferenza stampa alla quale sono intervenuto io. Capisco che un giornalista debba riempire di note di colore un articolo per renderlo più divertente, ma forse sarebbe meglio non inventarle dal nulla. Ieri si è svolto un incontro cordiale fra persone serie che si rispettano. Il resto è cattivo pettegolezzo, fondato sul nulla».
Come giudica l'opposizione messa in campo da Forza Italia? Nella sua esperienza politica lunga ormai 25 anni è il momento strategicamente più complesso che lei ha vissuto?
«Da un certo punto di vista sì. Oggi siamo di nuovo chiamati a salvare l'Italia da un pericolo che è persino più insidioso di quello del 94. Allora si trattava del rischio che il Paese cadesse nelle mani di una forza persistentemente comunista. Oggi, il Paese è già nelle mani di una sinistra ancora peggiore. I Cinque stelle, che della vecchia sinistra condividono l'ideologia ma non la preparazione e la competenza nella pubblica amministrazione, dicono, di se stessi, noi siamo comunisti di strada e non comunisti da salotto come quelli del partito democratico. Appunto per questo, combatterli, è ancora più importante».
In dieci anni l'Italia ha perso 165mila artigiani. Si parla spesso di identità italiana da difendere. Ma non è forse un pezzo d'Italia che scompare con le sue botteghe e i suoi mestieri?
«Certamente è così, ed è molto triste e preoccupante non soltanto da un punto di vista economico. Si tratta di tradizioni, di competenze ed esperienze fondamentali per il nostro Paese che vengono meno. Su di esse si basava buona parte del prestigio del made in Italy nel mondo. D'altronde come stupirsi di questo? Le leggi sul fisco e quelle sul lavoro creano condizioni insostenibili per la piccola impresa, già provata da anni di crisi sotto i governi della sinistra. Questo sarebbe appunto il futuro a Cinque stelle, quello di un Paese devastato e impoverito non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto quello sociale e culturale».
Reddito di cittadinanza e caso Tav: davvero Forza Italia pensa ai referendum per contrastare leggi e decisioni illiberali?
«Sono tre materie del tutto diverse, e noi siamo forze responsabili, sappiamo distinguere. Un referendum sul reddito di cittadinanza probabilmente scatenerebbe tensioni sociali drammatiche, perché i Cinque stelle stanno illudendo e ingannando proprio chi è più debole e in difficoltà. Altro discorso è quella sulla Tav: i grillini amano tanto la democrazia diretta, non vedo perché non potrebbe esercitarsi in questo caso. O forse la loro idea della democrazia è che una minoranza organizzata, la loro, possa dettare legge alla maggioranza degli italiani?».
Cosa ha pensato quando ha sentito il ministro Toninelli dire: «cosa ci andiamo a fare a Lione?»
«Ci sarebbe da ridere, se in gioco non ci fosse il futuro degli italiani. Non possiamo davvero lasciarlo in mano a questi irresponsabili. Lo dico con profonda angoscia ai nostri amici della Lega».
Anche lei, sul finire del suo ultimo mandato da premier ebbe da ridire sull'atteggiamento irresponsabile della Francia. Cosa pensa della crisi diplomatica di queste ore?
«Sono vicende completamente diverse, quelle del 2011 e quelle di oggi, con protagonisti diversi. Sarebbe ridicolo voler far pagare a Macron gli errori di Sarkozy. Non vorrei essere frainteso, le posizioni politiche di Macron sono molto diverse dalle mie, rappresenta una sinistra tecnocratica che è lontana dalle mie idee liberali. Però noi non potremo mai essere dalla parte di chi va con i gilet gialli nelle strade delle città francesi a distruggere le auto, a saccheggiare i negozi, a gettare bottiglie molotov alla polizia, ad assalire gli edifici pubblici. Non siamo sempre dalla parte dello Stato, non della sovversione violenza. Se Di Maio da vicepremier appoggia questi personaggi e questi comportamenti la reazione francese è del tutto comprensibile. Con la Francia abbiamo diversi punti di disaccordo, dalla gestione dell'immigrazione all'ospitalità concessa a pluricondannati italiani. Però è ridicolo e pericoloso pensare di risolverli con una prova di forza che ci isola ancora di più in Europa e dalla quale abbiamo tutto da perdere».
E della nostra astensione sul caso Venezuela?
«Questa è un'autentica vergogna. Maduro ci ha addirittura ringraziato perché siamo l'unico paese europeo a non aver preso le distanze da uno degli ultimi dittatori comunisti nel mondo. Peggio, abbiamo impedito all'Europa perché ci vuole l'unanimità di riconoscere il nuovo presidente provvisorio Guaidò legittimamente eletto dal parlamento democratico. Al Parlamento europeo solo i rappresentanti di Forza Italia e pochi altri hanno appoggiato la risoluzione che sconfessava Maduro. Gli altri, Cinque stelle, Lega, molti del Pd, si sono astenuti. Quel ringraziamento di Maduro all'Italia, che ha portato a una gravissima crisi il suo popolo, incarcerato i suoi nemici, fatto fuggire milioni di venezuelani, tanti dei quali di origine italiana, mi ha fatto vergognare profondamente, come italiano e come uomo libero. Per la prima volta l'Italia si è posta fuori dall'occidente in una grande scelta di politica internazionale. Capisco che i Cinque stelle difendano Maduro; il Venezuela di oggi somiglia ai futuro che vorrebbero per l'Italia, ma che questa diventi la posizione del governo italiano è una condizione del tutto inaccettabile. Martedì in Parlamento cercheremo di imporre al governo con il voto un cambio di linea e l'immediato riconoscimento del Presidente venezuelano legittimo».
L'Italia dopo il secondo trimestre senza crescita è entrata in recessione. Mancano investimenti pubblici, ma soprattutto latitano gli investimenti privati. Quale ricetta suggerirebbe per far ripartire il motore della nostra economia?
«La ricetta è relativamente semplice e stava scritta nel programma del centrodestra, quello con il quale abbiamo ottenuto meno di un anno fa la maggioranza dei voti: meno tasse, meno burocrazia, via all'edilizia senza autorizzazioni preventive, più infrastrutture, più garanzie per i cittadini. Purtroppo questo governo sta facendo esattamente il contrario. La flat tax, la tassa piatta uguale per tutti, cittadini e imprese, era il cuore del nostro programma, e poteva essere lo strumento per far ripartire davvero l'economia. Noi l'avevamo proposta al 23%, la Lega aveva indicato una soglia ancora più bassa, il 15%, per noi irrealizzabile. Di fatto oggi non c'è nessuna flat tax, né al 15 né al 23%, c'è anzi un aumento generalizzato della pressione fiscale. Insomma e purtroppo, il governo sta facendo proprio il contrario di quello che serve al Paese».
Il governo ha intrapreso un braccio di ferro durato mesi per strappare flessibilità all'Europa e poter varare il reddito di cittadinanza. Lei nel 2005 riuscì a convincere i partner europei sulla necessità di modificare i Trattati e a far digerire la modifica del Patto di Stabilità con l'introduzione della flessibilità di bilancio. Con quali argomenti?
«In politica estera non serve a nulla fare la faccia feroce, e noi comunque non possiamo permettercelo. Io non ho evitato di usare il nostro diritto di veto in Europa quando si volevano assumere decisioni che avrebbero danneggiato l'Italia, ma ho puntato sempre e soprattutto sulla persuasione, sulla collaborazione, sui rapporti anche personali con gli altri leader. Con i buoni rapporti, con la stima, con l'amicizia ho ottenuto non soltanto la modifica del Patto di Stabilità, ma anche, per esempio, la nomina di Mario Draghi, alla guida della Bce, contro il parere di Francia e Germania. Sottolineo che solo grazie alla politica monetaria di Draghi l'Italia è riuscita ad uscire dalla crisi negli anni scorsi. Se al posto suo ci fosse stato un tedesco dubito che avremmo goduto della stessa possibilità. In politica estera non possiamo permetterci dilettantismo e improvvisazione: ne va della credibilità del nostro Paese ed anche della vita dei nostri connazionali. Annunciare per esempio il ritiro dall'Afghanistan in modo estemporaneo, all'insaputa persino del ministero degli Esteri, significa mortificare l'onore nazionale e mancare di rispetto ai nostri ragazzi che rischiano la vita per la pace. In Afghanistan, negli anni, sono caduti più di cinquanta nostri militari, e un ministro del nostro governo vorrebbe risolvere la questione con una battuta alle agenzie di stampa. Ancora: il governo, come ho già detto, ha persino impedito all'Europa di disconoscere il dittatore comunista Maduro in Venezuela, e l'Italia è l'unico dei grandi Paesi europei a non aver riconosciuto il legittimo presidente provvisorio democraticamente eletto dal Parlamento venezuelano. Come italiano mi sento davvero imbarazzato e avvilito.
Matteo Salvini per rendere omaggio e ringraziare le forze dell'ordine indossa ogni giorno una divisa un cappello della polizia o dei carabinieri. Cosa ne pensa?
«Vuole essere un gesto di simpatia, del quale forse sta un po' abusando. Non ci vedo comunque nulla di male: preferirei un Salvini in divisa che fa cadere il governo a un Salvini in giacca e cravatta che lo tiene in piedi».
In conclusione torniamo ancora sull'Abruzzo, domenica si vota per il rinnovo del Consiglio regionale e il centrodestra unito punta su Marco Marsilio. Ha le qualità giuste? Perché ritiene che gli abruzzesi dovrebbero votare per lui?
«Come abbiamo fatto nelle altre Regioni italiane abbiamo scelto il candidato con le migliori qualità non solo per vincere ma per ben governare per cinque anni. Marco Marsilio fa parte di una famiglia che fu costretta a lasciare l'Abruzzo per cercare altrove una possibilità di lavoro. Lui ha sempre guardato all'Abruzzo come alle sue radici, alla sua terra con una gran voglia di tornarci. Oggi ne ha finalmente l'occasione e sono sicuro che tornandoci, godrà sull'apporto di una valida squadra di collaboratori messa in campo da Forza Italia: donne e uomini che hanno dimostrato concretamente, nel lavoro e nell'impegno sociale, di saper realizzare gli obiettivi che si erano preposti. L'Abruzzo ha la necessità di ripartire, Forza Italia con Marco Marsilio ha le persone e il programma giusto per riuscirvi. Io sarò al loro fianco.
Ho collaborato alla stesura del programma di governo e ho garantito la mia presenza una volta al mese per i primi 6 mesi e una volta ogni due mesi per i successivi 6 mesi per mettere a disposizione della nuova giunta per la realizzazione del programma la mia più che sessantennale esperienza di imprenditore e di uomo di Stato. Ho trovato la scusa giusta per poter tornare più volte tra la gente d'Abruzzo che mi ama e che amo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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