"Il ceceno era schedato". E la Francia si spacca sul ruolo dell'intelligence

Il jihadista già nel mirino dei Servizi: anche stavolta la prevenzione non ha funzionato

"Il ceceno era schedato". E la Francia si spacca sul ruolo dell'intelligence

Il governo francese omaggia le forze dell'ordine. Ma la politica si divide davanti all'ennesima evidenza: la Francia non sembra in grado di individuare potenziali terroristi. Tantomeno la Francia di Emmanuel Macron, che aveva promesso di usare il pugno di ferro e invece si ritrova ad affrontare l'ennesimo attentato.

L'ultimo ha colpito Parigi venerdì sera. Erano le 20.47 quando Khamzat Azimov è arrivato a due passi da piazza dell'Opéra, scagliandosi con un coltello contro i passanti in relax. Colpisce a caso, nella Rue de Monsigny ricca di bar e ristoranti. La polizia arriva e l'uomo, un 21enne ceceno già nel mirino dei Servizi, aggredisce anche gli agenti prima di essere abbattuto.

Azimov è solo l'ultimo degli uomini bomba, o armati di coltello, uniti dalla comune appartenenza all'elenco dei cosiddetti «pericoli per la Repubblica». Eppure a piede libero fino a quando non decidono di colpire. Il Front National, i Repubblicani gollisti e la sinistra di Jean-Luc Mélanchon chiedono al governo «atti» e non «commenti» per evitare nuovi attacchi come quello perpetrato sabato sera nel cuore della capitale.

È emerso che il terrorista era già schedato. Come il responsabile dell'attacco del 23 marzo, era sotto osservazione per estremismo. Sono tra 10 e 20mila gli islamisti radicali in questi elenchi. Tra loro, le cosiddette Fiche S, i due giovani che hanno sgozzato un parroco a Rouen. C'erano anche i fratelli Kouachi e Amedy Coulibaly, protagonisti dell'attacco a Charlie Hebdo. C'era Ayoub El Khazzani, l'attentatore del treno Thalys. E Mehdi Memmouche, primo killer ispirato dall'Isis a colpire Bruxelles nel 2014. Anche Mohamed Merah, che per otto giorni nel 2012 ha terrorizzato Tolosa.

«Dov'è la task force del signor Macron? Dov'è la legge anti-terrorismo? Dove sono le azioni dietro la comunicazione del governo?». Per Nicolas Dupont-Aignan, «sentiremo ancora gli stessi vuoti discorsi di inazione e impotenza, dobbiamo ripristinare lo stato di emergenza e prendere le misure concrete. Non possiamo accettare l'inazione dello Stato». Ispirati dall'Isis, o squilibrati considerati pericolosi, sono in Francia ed è apparentemente difficile stanarli. Soprattutto, piovono critiche sul presidente Macron, che ha tolto lo Stato di emergenza sostituendolo con provvedimenti che agli occhi di altri leader e dei francesi stessi paiono insufficienti.

«Da dove viene questo terrorista islamista e la sua famiglia presenti sul nostro territorio?», si chiede la presidente del Front National Marine Le Pen. «A cosa può servire questa fiche S se non viene usata per metterci fuori pericolo da queste bombe a orologeria sul suolo francese? E a che serve il ministro degli Interni, che balbetta a ogni attacco un vuoto angosciante?». Il leader dei Republicains, Laurent Wauquiez, rende omaggio alla polizia e rilancia: «Nella guerra al terrore le parole non bastano, abbiamo bisogno di azione». Macron si dice vicino alle famiglie delle vittime: «La Francia paga ancora una volta il prezzo del sangue, ma non cede un dito ai nemici della libertà». Il primo ministro Edouard Philippe dice che il bilancio di un morto e 4 feriti sarebbe stato «più pesante» senza l'intervento della polizia. Ma prima ancora della rivendicazione dell'Isis, le indagini della polizia puntavano a far luce sulla rete di contatti di Azimov. Ieri è stato arrestato a Strasburgo un amico del 21enne ceceno: anche lui classe '97. A gettare benzina sul fuoco è il leader ceceno Ramzan Kadyrov: «Tutta la responsabilità» è della Francia. Il terrorista «era solo nato in Cecenia, ma è cresciuto e ha formato la sua personalità, le sue opinioni e le sue convinzioni nella società francese».

Naturalizzato nel 2010, quando aveva 13 anni, l'autore «è un soldato dello Stato islamico e l'operazione è una rappresaglia contro gli Stati della coalizione», ha riferito una fonte ad Amaq, l'agenzia di propaganda di Daesh.

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