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Le celle dei telefoni e una traccia di Dna. È caccia al branco di stupratori stranieri

Nessun indizio dai video di sorveglianza. La ragazza sarà sentita di nuovo dai pm

Le celle dei telefoni e una traccia di Dna. È caccia al branco di stupratori stranieri
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Stupro della 23enne alla fermata della metro. Val Melaina si ribella. Mentre i carabinieri sarebbero sulle tracce dei tre aggressori, l'intero quartiere, studenti medi e universitari, associazioni femministe, si danno appuntamento alla stazione Jonio per un "presìdio rumoroso". Intanto il nucleo operativo dei carabinieri di via in Selci, assieme ai colleghi della compagnia Montesacro, avrebbero visionato i video delle telecamere della zona. Senza, però, risultati.

I tre aggressori, tra i 20 e 30 anni, carnagione scura, probabilmente magrebini, avrebbero agito in un tratto di strada, via Gran Paradiso, al buio e, soprattutto, non coperto da alcun sistema di videosorveglianza. Neppure le telecamere della metro B1 li avrebbero ripresi. È la mappatura dei cellulari presenti attorno alla mezzanotte del 6 dicembre a "parlare", ovvero a mettere gli inquirenti sulla traccia giusta. Oltre al cellulare della studentessa calabrese, i carabinieri avrebbero rilevato la presenza di più utenze in strada sulle quali sono in corso controlli e approfondimenti. Una di queste apparterrebbe allo stupratore le cui tracce biologiche sono state già isolate dagli esperti della scientifica per l'eventuale comparazione. Se il Dna lasciato sulla ragazza corrisponde a quello di uno dei sospetti, il caso è chiuso. "Aspettiamo i risultati dei tamponi" sottolineano gli inquirenti.

Ma le certezze, per ora, sono poche e il fascicolo aperto in Procura per violenza sessuale di gruppo rimane aperto sul tavolo del pm. Francesca, nome di fantasia, sarà ascoltata di nuovo, in ambiente protetto, sperando possa ricordare il volto dei suoi aggressori e permettere degli identikit utili alla loro identificazione. Insomma si torna ai metodi tradizionali per arrivare al branco di stupratori. Ancora sotto choc, Francesca è stata dimessa dall'ospedale Sandro Pertini dove è stata portata da un automobilista di passaggio. "Presenta escoriazioni varie tipiche di una violenza" spiegano i sanitari del pronto soccorso. Di quei drammatici momenti ricorda poco. "Stavo raggiungendo a piedi la fermata del bus notturno per tornare a casa quando, all'improvviso, sono sbucati questi tre. Due mi tenevano ferma, un terzo mi strappava i vestiti e abusava di me. Poi sono fuggiti. Ero a terra, chiedevo aiuto, urlavo. Una persona si è fermata con la macchina e mi ha portata in ospedale. Ero terrorizzata".

Un fatto grave e che ripropone in maniera decisa la questione sicurezza in una città, Roma, troppo spesso al limite. Il punto di non ritorno? Lo stupro e l'omicidio di Giovanna Reggiani, 47 anni, violentata e massacrata da un rom all'uscita della stazione Tor di Quinto. Era il 30 ottobre del 2007, 18 anni dopo la situazione è la stessa.

Lo denunciano le donne di "Se toccano una, toccano tutte!", che ieri hanno partecipato a una manifestazione di solidarietà organizzata davanti alla metropolitana di viale Jonio. "Non è possibile che alcune zone diventino terra di nessuno dopo il tramonto. Il sindaco Gualtieri deve porre il tema sicurezza al primo punto dell'agenda" attacca la segretaria romana di Forza Italia, Luisa Regimenti.

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