Arrivano i sottosegretari e i viceministri del governo giallorosso e - oltre ai trombati - si fa male soprattutto Matteo Renzi. Non il Pd che incassa 18 delle 42 nomine, portandosi a casa anche quattro viceministri contro i sei del M5s. Ma nel plotoncino, tanto in quota democratica che pentastellata, oltre alle donne (sono solo 15 su 42) latitano anche i toscani. Non pervenuti: non ce n'è nemmeno uno, con una scelta che ha tutta l'aria di un ceffone all'ex premier, che pure il Conte II ha voluto fortemente.
La detoscanizzazione di palazzo Chigi ha fatto storcere il naso a tanti esponenti dem vicini all'ex Rottamatore, da Simona Bonafé a Maria Elena Boschi, e ha scatenato in particolare la reazione del sindaco di Firenze, Dario Nardella: «Se questa esautorazione è una vendetta contro la vecchia maggioranza del partito o contro Renzi - ha ringhiato il primo cittadino toscano - lo si dica con chiarezza altrimenti sia dia una spiegazione seria e politica di questa decisione. Ho sostenuto questo progetto di governo e continuerò a farlo ma mentirei se dicessi che non sono profondamente deluso e costernato». Entrano comunque una manciata di renziani nell'esecutivo: Anna Ascani come viceministro all'istruzione, Lorenza Bonaccorsi sottosegretaria alla Cultura con delega al Turismo, Simona Malpezzi ai rapporti col Parlamento, Salvatore Margiotta alle Infrastrutture, Alessia Morani al Mise e Ivan Scalfarotto agli Esteri.
Per il resto, come detto, la spartizione è stata più equilibrata rispetto ai numeri della maggioranza. Al M5S vanno in tutto 21 poltrone, «solo» tre in più dell'alleato. Due sottosegretari se li aggiudica Leu (Cecilia Guerra all'Economia e Giuseppe De Cristofaro all'Istruzione) e pure Ricardo Antonio Merlo del Movimento associativo italiani all'estero si vede confermare il posto da sottosegretario alla Farnesina.
Oltre alla Ascani, gli altri viceministri targati Pd sono Marina Sereni (Esteri), Antonio Misiani (Economia) e Matteo Mauri (Interno). E il partito di Zingaretti si assicura anche la delega all'editoria, assegnata ad Andrea Martella, mentre il pentastellato Vito Crimi va a fare il viceministro al Viminale (ed Emilio Carelli, che puntava proprio all'editoria, resta fuori dal governo). Oltre a Crimi, i vice in quota M5s che giureranno lunedì mattina sono Laura Castelli (Economia), Emanuela Del Re (alla Farnesina), Stefano Buffagni (Mise), Pierpaolo Sileri (Salute) e Giancarlo Cancelleri. Proprio su quest'ultimo nome, fedelissimo di Di Maio, si è aperto un caso, visto che la nomina del consigliere regionale siciliano viola il regolamento grillino che proibisce il doppio incarico, ma è un tabù pentastellato anche dimettersi a metà mandato per volare a Roma, come ieri ha fatto Cancelleri.
Di effetti collaterali regionali ce ne sono anche in casa Pd, visto che sia Manzella che Bonaccorsi sono assessori con Zingaretti nel Lazio. La loro «promozione» al governo nazionale potrebbe dare al segretario Pd l'occasione di aprire le porte in giunta a qualche esponente pentastellato, allargando a livello locale l'esperimento giallorosso di Palazzo Chigi. Le cui porte, intanto, restano chiuse per i trombati eccellenti.
Oltre a Carelli nelle fila M5s si sono gli ex ministri Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, e nel Pd Maurizio Martina, Emanuele Fiano e Deborah Serracchiani, solo per citare alcuni dei papabili rimasti a bocca asciutta.
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