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"Censurato per l'attacco a Trump": bufera sulla Marvel

Il fumettista autore di Maus Art Spiegelman si scaglia contro la Marvel e il suo Ceo Isaac "Ike" Perlmutter: aveva paragonato Donald Trump a un nazista ma è stato censurato

"Censurato per l'attacco a Trump": bufera sulla Marvel

È guerra fra Art Spiegelman, celebre fumettista del romanzo grafico Maus, che racconta la storia del padre, sopravvissuto ad Auschwitz, e il Ceo di Marvel Entertainment Isaac "Ike" Perlmutter. Spiegelman ha raccontato al Guardian che gli è stato chiesto di cancellare le critiche a Donald Trump dalla sua prefazione a un prossimo libro targato Marvel in uscita a settembre poiché il suo Ceo vuole rimanere "apolitico". "Nel mondo reale contemporaneo, il più malvagio nemico di Capitan America, Teschio Rosso, vive sul grande schermo e l’America è perseguitata da un Teschio Arancione", ha scritto Spiegelman nell'introduzione rifiutata dalla Marvel.

Il testo di Spiegelman sarebbe dovuto servire come introduzione al volume Marvel: The Golden Age 1939–1949, un'antologia in uscita a settembre per Folio Society dedicata ai fumetti degli anni Quaranta. L’epiteto è un chiaro riferimento a Teschio Rosso (in originale “Red Skull”), classico villain Marvel creato da Joe Simon e Jack Kirby nel 1941: esso rappresentava una Germania nazista, antidemocratica, imperialista e bellicosa che si opponeva ad un'America libera, incarnata da Capitan America. Di fatto il fumettista ha associato il Presidente degli Stati Uniti d'America a una sorta di nazista. Troppo anche per la Marvel e per il suo Ceo Perlmutter, sostenitore e amico di Trump. “Non pensavo a me stesso come particolarmente politico rispetto ad alcuni dei miei compagni di viaggio, ma quando mi è stato chiesto di togliere quel riferimento mi sono reso conto che forse era da irresponsabile essere scherzosi sulla terribile minaccia esistenziale con cui viviamo ora, e ho ritirato la mia introduzione" ha raccontato al Guardian Art Spiegelman. "Il fascismo internazionale incombe di nuovo su larga scala" afferma l'autore di Maus.

Lo scrittore e artista sottolinea inoltre che il presidente della Marvel Entertainment, il miliardario americano Isaac 'Ike' Perlmutter, "è un amico di lunga data di Donald Trump, un consulente non ufficiale e influente e un membro dell'élite del presidente Mar-a-Lago club a Palm Beach, in Florida. E Perlmutter e sua moglie hanno recentemente donato 360.000 dollari (il massimo consentito) al "Trump Victory Joint Fundraising Committee". Spigelman, vincitore del premio Pulitzer nel 1992, è il figlio dei sopravvissuti polacchi all'Olocausto. Maus, il suo romanzo grafico semi-autobiografico, racconta la storia suo padre durante la Seconda Guerra Mondiale.

Come ricorda Marco Giusti su Dagospia, la tesi di Spiegelman, abbastanza condivisa da tutti gli storici di fumetto, è che i supereroi della Marvel, ma anche quelli della DC Comics, furono creati da immigrati ebrei alla fine degli anni ’30 per combattere l’ascesa del Nazismo in Europa e nel mondo. Sono i figli degli ebrei europei, insomma, a creare la Übermensch, il superuomo a fumetti che lotterà contro il nazismo per difendere la nazione che li ha accolti assieme a immigrati, poveri e disperati provenienti da ogni parte del mondo. Basti pensare a personaggi come Martin Goodman, fondatore e editore della Marvel, figlio di ebrei lituani di Vilnius, che aveva come motto per i suoi disegnatori e creativi: "dategli un sacco d’azione e non usate troppe parole", o come Maxwell Gaines, che si chiamava in realtà Max Ginzberg, che inventò il formato a mezzo tabloid dei fumetti nel 1933.

Tutto vero, ma rimane il fatto che le tesi anti-Trump di Spiegelman fa acqua da tutte le parti e invocare l'ennesimo ritorno del fascismo - o peggio paragonarlo a un nazista - è una sciocchezza sul piano storico. Perché la Marvel - che ha un pubblico di massa - dovrebbe pubblicare un libro dove si fanno paragoni assurdi con il Presidente degli Stati Uniti? Inoltre, nonostante l'amicizia del Ceo di Marvel con Donald Trump, di svolte "conservatrici" o nei-trumpiane della multinazionale del fumetto, non se ne vede nemmeno l'ombra. Tutt'altro. La dittatura "soft" del politicamente corretto ha piegato la Marvel in ogni campo, soprattutto da quando c'è di mezzo la Disney: basti pensare a pellicole come Black Panther, che voleva essere una sorta di manifesto della minoranza afroamericana, o a Captain Marvel, la supereroina femminista degli Avengers. Di questo, però, Spiegelman sembra non accorgersene..

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