Milano Distanziamento? Neanche a parlarne, se si eccettua qualche stiracchiata parvenza fatta di mascherine e occhiatacce respingenti. Ma i centri sociali anarchici a Milano sfilano nel corteo non autorizzato «Non vogliamo tornare alla normalità - Lottare è l'unico modo per poter respirare». Quindi i soliti ragazzi stagionati e nostalgici della «Panetteria», quelli dei «Transiti», del «Ponte della Ghisolfa (in prima fila al corteo, in sedia a rotelle, Lello Valitutti, l'anarchico amico di Pietro Valpreda che il 16 dicembre 1969 era in questura a Milano mentre interrogavano Giuseppe Pinelli), gli attivisti del «Telos» di Saronno (Varese), quelli del Collettivo anarchico arrivati da Viterbo insieme a un gruppo di attivisti palestinesi, si sono radunati ieri a partire dalle 16 sotto il sole in piazzale Loreto. Partiti alle 17.10, hanno raggiunto con tutta comodità la Martesana due ore dopo attraversando tutta via Padova. Non erano neanche trecento ma sembravano meno, «armati» di cartelli perentori e al vetriolo («Quando c'è tutto c'è la salute: vogliamo tutto»; «Sanatoria generalizzata, residenza per tutte e tutti»; «Fontana in miniera, Gallera in fonderia. È questa la nostra democrazia»), gli anarchici si sono limitati a lanciare qualche fumogeno, guardati con sospetto anche dai residenti stranieri della strada più multietnica di Milano e sorvegliati da polizia e carabinieri in tenuta antisommossa sulla terra e da elicotteri ronzanti dal cielo.
L'unico momento di tensione, se vogliamo proprio definirlo così, c'è stato quando un paio di manifestanti incappucciati dalla pancia del corteo hanno gettato della vernice nera contro l'ingresso di una filiale della banca Monte dei Paschi di Siena. Ai lati dell'ingresso dell'istituto sono apparse altre scritte come «fuoco alle banche» e «di capitalismo si muore», quindi «libertà per gli anarchici arrestati», in riferimento alle recenti indagini di Bologna e di Roma.
Milano sotto la canicola di un sabato da non trascorrere in città, resta perciò fondamentalmente indifferente alla manifestazione. Anche i commercianti di via Padova assistono visibilmente infastiditi da quel corteo che ha guastato una giornata di commerci che poteva promettere bene dopo lo stop del Covid. Senza contare il traffico deviato e tutte le strade blindate a nord della città
«È il momento per prendere coscienza che ci prendono per il c... bellamente e che l'unica cosa che dobbiamo fare è lottare - grida un giovane nel microfono mentre a grandi passi si trascina in testa al corteo-. Non vogliamo tornare alla normalità di prima perché la normalità era esattamente il problema, esattamente ciò che ci faceva schifo, una normalità fatta di sfruttamento. Come accade quando vengono prese le persone che abitano in questi quartieri per portarli in carcere solo perché sorpresi a bere una birra o in un momento di loro socialità».
Temi triti e ritriti che non sortiscono
alcun tipo di entusiasmo tra gli stessi partecipanti al corteo. Così, raggiunto l'auditorium all'aperto sul Naviglio della Martesana, alle 19.30 sono già tutti belle che a casa. Con un solo rimpianto: il mare della Liguria.
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