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Panarari: "Centrodestra, Ulivo, 5S e Draghi: ecco cosa accadrà"

Come si declinerà l'effetto Draghi sul piano partitico? Il professor Massimiliano Panarari legge la situazione e disegna il quadro del futuro. Per il terzo polo - dice - dipende tutto dalla legge elettorale

Panarari: "Centrodestra, Ulivo, 5S e Draghi: ecco cosa accadrà"

Il professor Massimiliano Panarari, politologo, professore dell'Università Mercatorum ed editorialista per numerosi quotidiani, è convinto che il governo Draghi comporterà un rimescolamento dell'offerta politica. Qualcosa che finirà con l'interessare un po' tutti i partiti presenti sul campo. Il convitato di pietra è la legge elettorale: dal dibattito su questo tema dipenderà la costituzione delle coalizioni che si presenteranno agli italiani nel 2023.

ll governo Draghi ha influito sulle elezioni amministrative?

"Bella domanda. In realtà, mi pare che si possa dire più il contrario: ci potrebbe essere più un effetto delle amministrative sul governo Draghi. Questo è un governo di unità nazionale che per un verso rende alcune posizioni dei partiti che ne fanno parte meno polemiche. Ma, d'altro canto, poiché siamo il Paese della campagna elettorale permanente, abbiamo visto come i toni si siano alzati di nuovo, in funzione della campagna elettorale. E il governo Draghi ha rispettato l'ovvia conflittualità tra i partiti, attendendo prima di portare in Cdm alcune questioni essenziali tra quelle richieste dalla road map".

Draghi premier alza il livello della domanda politica?

"Esiste un problema di qualità della classe politica in Italia. Qualcosa che non scopriamo oggi. Adesso ci troviamo in un contesto eccezionale, che è dovuto pure al momento economico correlato alla pandemia. La formula di questo governo è molto larga ed è presieduta dall'uomo che gode di maggior prestigio, tra gli italiani, a livello internazionale. Non è un caso. La politica continua il suo corso e presto - speriamo - riprenderà lo scettro. Io credo sia difficile un paragone tra i politici ed un tecnico-politico come Draghi, che appartiene ad altre tipologie di governance e processo decisionale. Ma i partiti dovranno tornare a lavorare sulla domanda politica. L'astensionismo, in questo senso, costituisce un allarme enorme. I partiti devono mettere mano alla selezione della loro classe dirigente".

Lo sconfitto per antonomasia di questo giro è Giuseppe Conte...

"Il MoVimento 5 Stelle ha subito l'ennesima sconfitta, assecondando un trend che dura da tempo, con una serie di specificità. Le amministrative non sono le elezioni migliori per i grillini. Ma queste ultime elezioni confermano l'esistenza di due fattori: il MoVimento 5 Stelle è un movimento di opinione a livello nazionale basato sulla protesta. Nel momento in cui è entrato nelle istituzioni, ha subito una parabola che l'ha portato ad una riduzione del consenso. E i grillini hanno dovuto abbandonare quelle parole d'ordine antisistema che avevano comportato risultati convincenti. Poi c'è la costruzione della classe dirigente: questo risultato può essere letto in relazione all'assenza del partito a livello locale. Torino e Roma non hanno prodotto un consolidamento della classe dirigente: e il risultato è più pesante del solito".

La Raggi va verso la riedizione del grillismo delle origini, mentre Conte sembra orientato all'Ulivo 2.0. Ci sarà una scissione?

"Vivono in un contesto di ambiguità, com'è proprio della loro storia. Una nuova scissione è prevedibile, ma non è certa. Potrebbe essere assecondata da coloro che vogliono tornare alle parole d'ordine della fase precedente a questa. Ma questo si ottiene o con un ribaltamento dei ruoli interni, che mi pare complicato, o per sottrazione, cioè per scissioni. L'idea di Conte come punto di riferimento dei progressisti, peraltro, è totalmente tramontata: ad oggi il contismo è il junior partner del Partito Democratico. E questo può creare malcontento pure tra i grillini governisti che siedono in Parlamento. I rapporti di forza sono rovesciati rispetto alle aspettative".

Passiamo al centrosinistra. Letta vuole l'Ulivo 2.0, ma Renzi e Calenda guardano altrove: non vogliono i grillini...

"Io credo che - come altre volte è accaduto nel caso del nostro sistema partitico - vada tenuto in considerazione il fattore esogeno, cioè la spinta dall'esterno. Che in questo caso è la legge elettorale. Noi, con il governo Draghi, assisteremo ad una revisione dell'offerta partitica, che potrà andare in una direzione o in un'altra. L'ipotesi di un terzo polo che guardi ai liberal-democratici e ai riformisti è possibile solo attraverso una legge elettorale proporzionale, che è molto ricercata di questi tempi. Se non dovesse accadere questo, si andrebbe verso due coalizioni più larghe possibili che, al netto delle frizioni interne, finiranno con il confrontarsi. Ci sarà dunque il tentativo di costruire coalizioni quanto più larghe possibili. E così si può pensare ad una coalizione di centrosinistra che vada da un pezzo - un solo pezzo - di MoVimento 5 Stelle ai centristi".

Però Renzi e Calenda sembrano indisponibili ad uno schema così...

"La mia tesi è che si verificherà la necessità di allargare la coalizione. In un contesto di astensionismo forte, bisognerà mettere in piedi dei tentativi per avere delle coalizioni più larghe possibili. Per i liberaldemocratici e i centristi-riformisti il tema fondamentale è di avere una praticabilità ed uno spazio politico: se lo spazio politico non è garantito da una legge proporzionale, bisogna allora procedere per coalizioni. L'esperienza di un terzo polo - lo dico sulla base delle esperienze a cui abbiamo assistito - diviene inutile e residuale in presenza di maggioritario".

Veniamo al centrodestra. La coalizione vince dove il candidato è moderato, come in Calabria...

"Il centrodestra italiano, a livello tradizionale, ha potuto contare su un'egemonia centrista nel campo moderato e liberale. Egemonia venuta meno quando i rapporti di forza nella coalizione sono stati ribaltati. Ora c'è l'egemonia sovranista. C'è un tema di competizione al centro, specie se la logica rimane quella di un sistema bipolare. Il centrodestra ha bisogno di ricaratterizzarsi per essere appetibile per l'elettorato moderato. A confermarlo è bastato il tipo di candidature che sono risultate vincenti o che hanno consentito al centrodestra di arrivare al ballottaggio, con l'eccezione di Michetti. Mi riferisco a Occhiuto, Damiliano e Di Piazza. La partita di Roma è tutta da vedere perché ci sono i voti di Calenda. Il caso Di Piazza, peraltro, dice un'altra cosa ancora, e cioè che c'è bisogno di una candidatura riconoscibile al livello locale. Ancora il tema della necessità di una candidatura locale, forte e riconoscibile. Qualcosa che è un problema per questa coalizione di destra-centro. La classe dirigente a livello locale non c'è e non è strutturata".

Che percorso dovrebbero intraprendere Salvini e Meloni?

"Al di là della personalizzazione, il nodo è che la destra-centro a segno sovranista è problematica rispetto alle compatibilità di governo ed alle logiche internazionale. Si tratta di uno svantaggio. Occorre dimostrare affidabilità nei confronti del quadro dell'Unione europea, che va rafforzandosi, e del sistema di alleanze internazionali (Nato, in primo luogo). Se il destra-centro non torna centrodestra non dimostra affidabilità. E il governo Draghi è un'occasione fondamentale. Ha fatto bene la Lega a starci, ma deve confermare e rafforzare questa direzione di marcia".

Che cosa ha in testa Enrico Letta?

"Letta ha riposizionato a sinistra il Pd, tenendo collegato il MoVimento 5 Stelle. Ma il suo riferimento politico è Romano Prodi, che è l'unico che ha sconfitto Berlusconi durante la seconda Repubblica. E ciò vuol dire allargare pure al centro. Questa mi sembra la strategia. E Letta è un cattolico sociale. Non so se ci riuscirà, ma l'intento è quello di una coalizione più larga possibile. Lo farà da cattolico riformista qual è".

Renzi però ha rilasciato dichiarazioni piuttosto esaustive sul bipolarismo, come nell'intervista rilasciata a IlGiornale...

"Dipende dalla legge elettorale. La mia sensazione è che il modello di Renzi sia quello della contrattazione più favorevole possibile, ma guardando di fondo al centrosinistra. Credo che Renzi possa dialogare con il centrodestra per il Quirinale perché si tratta di una partita che deve essere larga. In questa fase mi pare che Renzi stia disegnando un soggetto che abbia una capacità contrattuale a trecentosessanta gradi. La issue centrale di questi mesi sarà quella di verificare la possibilità di costruire un'area centrista e liberaldemocratica per dare rappresentanza al pezzo di paese allergico ai populismi. L'altro elemento: l'esperienza di Mario Draghi non prevede una ricaduta diretta, ma il metodo ed il pragmatismo hanno terreno fertile in una parte del Paese che non ha una rappresentanza adeguata. Vedremo se ci saranno nuovi imprenditori politici".

Come finisce per il Quirinale?

"Impossibile da dire.

Troppe variabili".

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