L'Europa è malata e l'Italia non sta bene. Non è una metafora, è il riassunto dei dati sull'assenteismo dal lavoro per malattia. La Germania, da locomotiva del Vecchio Continente è diventata un ospedale affollato di lavoratori indisposti: 17 giorni di malattia all'anno: le imprese tedesche hanno perso 77 miliardi di euro a causa delle assenze per malattia, il doppio rispetto al 2010. I casi più eclatanti sono quelli di Norvegia e Finlandia, dove i giorni di assenza superano ormai i 25 all'anno. Il Nord Europa non è più la culla della sacralità del lavoro.
Noi però non siamo da meno. Nel primo trimestre dell'anno che sta per finire, nel nostro Paese sono state annullate, per una morbilità certificata, quasi 45 milioni di giornate di lavoro: circa 33,4 milioni nel settore privato e 10,1 milioni nel pubblico, con un incremento rispettivamente pari a +7,3% e +10,5% rispetto all'analogo valore del 2024. Il tutto equivale a 16,5 milioni di certificati (+5%) emessi dai medici di base.
Nei prossimi giorni proprio il certificato di malattia dovrebbe subire un cambiamento epocale, o forse più semplicemente consolidare una cattiva abitudine. Dipende da come si guarda la novità. Il prossimo 18 dicembre entrerà in vigore il cosiddetto "Decreto semplificazioni", che tra l'altro sancisce l'equiparazione giuridica tra il certificato medico rilasciato in presenza e quello emesso da remoto tramite televisita.
La Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) ha accolto la misura come un alleggerimento della "burocrazia quotidiana". È strano che un atto squisitamente di competenza del medico venga indicato come un adempimento "burocratico". Dovrebbe essere la buona prassi professionale, il "minimo sindacale", anche nella consapevolezza che la certificazione della malattia produce dei costi indiretti al sistema economico (anche in termini di produttività) e diretti alle casse pubbliche, dal momento che l'indennità viene pagata dall'Inps: circa 3 miliardi nel rendiconto 2024.
La Fimmg ha precisato, però, che le novità non saranno immediatamente operative. La legge richiede decreti attuativi e accordi in Conferenza Stato-Regioni per la piena applicazione delle misure. Fino a quel momento, si continuerà con le regole tradizionali. Cioè, con gli "atti burocratici" delle mancate visite? La televisita non sostituirà la visita a domicilio, semplicemente perché a memoria d'uomo è difficile ricordare l'ultima visita a domicilio di un medico di base. Certamente sono spesso troppi i pazienti, ma questo non dovrebbe giustificare la considerazione della prestazione di accertamento dello stato di salute come un fastidioso adempimento da parte del medico-burocrate.
Visto che ci sono di mezzo molti denari che gravano sulla collettività, non sarebbe il caso che l'Inps se ne assumesse direttamente l'onere (e l'onore)? Nell'Istituto che ho frequentato a lungo qualche anno fa, so che ci sono le professionalità adeguate per affrontare le sfide più temerarie. Ricordo una colossale campagna di trasparenza e legalità condotta con successo, almeno allora contro il malcostume delle false invalidità. Furono chiamate a visita di controllo quasi un milione di persone e per il 25% di loro venne revocata la prestazione perché erogata e percepita senza diritto. Ci facemmo nobili nemici le organizzazioni sindacali e molti enti locali ma sfidammo un malcostume imperante e scandaloso. E furono proprio i medici assunti dall'Inps, in quell'occasione, a svolgere con coraggio il loro dovere morale e professionale.
Oggi leggiamo che le visite fiscali quelle determinate da controlli sacrosanti per verificare la sussistenza della malattia dichiarata sono state ridotte costantemente, nell'ultimo anno si è passati da 20 a 15 visite mediche ogni mille certificati. Non bastano più i medici dell'Inps? Credo che la capacità dell'attuale vertice della Tecnostruttura sarebbe in grado di organizzare, anche sul fronte dei certificati di malattia, quei controlli adeguati alla responsabilità del medico, anche se la Fimmg ritiene che la visita sia diventata un semplice atto burocratico. La telecertificazione non deve diventare l'ufficializzazione di una cattiva abitudine, quella di non visitare più i pazienti a domicilio, per verificare di persona il loro effettivo stato di salute.
La telemedicina potrà diventare una preziosa integrazione al servizio della salute, ma non una sostituzione del rapporto "fisico" tra medico e paziente. E l'Inps potrebbe fare la sua parte.*Presidente Inps dal 2008 al 2014